mercoledì 22 ottobre 2008

La virtù de' strali d'Amore

Giuliano
Erabena sorprende Amore addormentato nell’erba; gli ruba le frecce e lo ferisce con una di esse. Amore si ridesta e si ritrova innamorato; ma Erabena è arrabbiatissima e gliene dice di tutti i colori. Amore le dice “sono un dio potente e posso renderti felice”, Erabena gli risponde sarcastica che sa bene quanti dolori provochi Amore, che più che un dio le sembra un demone dell’Ade.
Intanto Psiche, moglie di Amore (“Eros e Psiche”) si ritrova abbandonata e va a lamentarsi da Giove. Giove le dà ragione, e poi cos’è questo intromettersi dei mortali nelle vicende divine? Chiama Saturno (il Tempo) e manda Mercurio a recuperare le frecce d’Amore, e già che c’è magari anche Amore stesso. Quando Mercurio la raggiunge, Erabena ha già raggiunto il suo scopo: con una freccia d’Amore ha punto il suo innamorato Meonte, che la credeva morta e che le ha appena detto che adesso lui pensa solo a Cleria. Meonte torna innamoratissimo di Erabena, che rende volentieri le frecce a Mercurio
Intanto Cleria, che per tutta l’opera era andata in giro a sprezzare l’amore e a dire che non si sposerà mai, trova le frecce d’Amore rimaste nel prato; nel maneggiarle si punge e si ritrova innamoratissima di Pallante, che non aspettava altro. Amore, dal canto suo, verrà risanato dal Tempo.
Tutto questo, e molto altro, andava in scena a Venezia, nel 1642, al Teatro di San Cassiano: testi dell’avvocato Faustini, musica di Francesco Cavalli, che era anche impresario. Non ne sapevo nulla e ho ascoltato con curiosità la diretta da Venezia di “La virtù de’ strali d’amore”, su Radiotre, la settimana scorsa, con la direzione di Fabio Biondi e con ottimi cantanti. Non è che sia tutto bello, e ci sono certamente troppi personaggi (il mio è stato un brevissimo riassunto, limitato ai personaggi principali), però a me piace molto questo repertorio e me ne sono un po’ innamorato anch’io.
Spesso si liquidano queste cose con un aggettivo facile da ricordare: “barocco”. Degli “eccessi del barocco” e dei “barocchismi” sono pieni libri e trattati, ed è vero che con tanta ricchezza di trame e di rimandi è difficile raccapezzarsi, ma io penso piuttosto agli ingegni stitici di oggi, ai film alle musiche e ai romanzi tutti uguali che infestano la nostra vita. Penso che questa era gente cresciuta con i grandi classici, Ovidio e le Metamorfosi, l’Iliade, l’Odissea, Dante e Petrarca recitati a memoria. Avevano un immaginario vastissimo, che si è quasi completamente perso.
Gli sceneggiatori tv, e anche gli autori di romanzi, quando gli si dice “classico” pensano a Happy days, e sono velocemente diventati maestri prima nell’uso della fotocopiatrice e poi dello scanner (quando sono in vena di sincerità, parlano apertamente di “remakes” o di “covers”). Così è andata, non so bene come e quando sia successo, ma oltre ai nostri boschi e alle nostre selve abbiamo cementificato anche il nostro immaginario, e in tutti e due i caso temo che sia troppo tardi per rimediare.

9 commenti:

Roby ha detto...

Caro Giuliano, di solito i tuoi post mi piacciono, mi interessano e attirano comunque la mia attenzione: ma questo... questo, accidempolina a te, mi ha addirittura STREGATO!!!! Sono andata in giro per tutta la casa (50 mq, non c'è voluto granché...) saltellando e ripetendo a voce alta: "E' vero, per la miseria! I classici! L'immaginario! Oggi si è perso tutto!!!"... tanto che la mi' figliola la s'è impaurita, pensando ad un attacco di demenza senile anticipata (neanche troppo!).

Scherzi a parte (ma sono serissima, davvero) mi trovi assolutamente concorde, e benchè non conosca affatto "La virtù de' strali d'Amore" ti credo sulla parola.

Encomio solenne e deferenti saluti

Roby

Solimano ha detto...

Accusavano Carlo Emilio Gadda di essere barocco, e lui rispose: "Non sono io ad essere barocco, è il mondo che lo è".
A parte questo la scarsa conoscenza del barocco in musica, letteratura, architettura, pittura e scultura è impressionante. Fra l'altro, uno che non conosca ed ami il barocco, come fa a conoscere Roma? Vabbè, quando si parla del barocco io mi scaldo, perché il problema è solo in Italia, all'estero fregnacce sul barocco non le dice più nessuno. E non dimentichiamo anche il Rococò, altro termine male usato.
Insomma, a forza di punture di freccia, nell'opera patiscono tutti... Ma non credo sia vero che in Amore si patisca soltanto. O no?

grazie Giuliano e saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Caro Solimano, volevo mettere il Bronzino che hai nel salotto, o magari il Cagnacci che hai nel corridoio, o il Guido Reni che hai dipinto sul soffitto, ma so che sei geloso e ho ripiegato sulla Kaufmann (che non sapevo che ci fosse, l'ho trovata su Google digitando Eros e Psiche).

Cara Roby, però gli è un bel casino, quest'opera. Pensa che quello con cui ho iniziato succede a metà del second'atto...
Io penso che, siccome Venezia era un mondo piccolo, molti dei personaggi si riferissero a persone presenti e ben note, tipo la ragazza che non ne vuol sapere dell'amore e che non vuole sposarsi.
Non sapevo nulla di Cavalli fino a due anni fa, quando sempre da Venezia e sempre con l'ottimo Fabio Biondi ho ascoltato la sua "Didone", che è davvero un capolavoro.
L'opera agli inizi, Monteverdi e poi Cavalli, è molto vicina al teatro di prosa, è un declamato con musica, senza le esagerazioni vocali (anche bellissime) che sarebbero venute di lì a poco.
Roba fine, insomma, anche troppa: ma poi Faustini per il duetto degli sposi scrive:
- All'amore, all'amore...
- Al letto, al letto!
(vedere per credere: il libretto è sul sito di Raitre)

Solimano ha detto...

Giuliano, stavolta non concordo con le tue scelte iconografiche (o iconologiche?).
Una Psiche più vestita di così credo sia difficile trovarla...

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Caro Solimano, che t'aggia a dì? Che sono d'accordo con te e in disaccordo con me stesso, però Kaufmann era una signora romana, Angelika Kaufmann.
Un omaggio alle signore, in tutti i campi; e poi con un soggetto del genere mica potevo mettere un amorino.

Solimano ha detto...

Giuliano, mi metterò in pista per trovare una Psiche come si deve, giustamente svestita, prima o poi ti servirà.

saludos
Solimano

mazapegul ha detto...

Giuliano, per quanto io apprezzi il barocco (soprattutto quello religioso: un'arte certamente blindata dall'alto, ma popolare), devo dire che la trama che tu hai succintamente descritto m'ha ricordato i "pepli" degli anni '50. A volte la musica e le voci sono meglio del testo scritto; che bisogna conoscere, ma di cui è meglio a volte dimenticarsi. Non riesco a trattenere, di fronte al saccheggio del repertorio greco-romano d'epoca barocca, lo stesso senso di fastidio che mi dà il ripescaggio del medioevo nell'Ottocento. Il ripescaggio -nel caso del barocco- da parte d'un élite priva di forza propulsiva, mi verrebbe da dire, che trova lustro solo a causa della mirabile visione di alcuni artisti (penso, in epoca di poco anteriore, agli affreschi mitologici dei Carracci).
[Però parlo di cose che non conosco, spero che non lo si capisca troppo].
Ciao,
Nicola

Giuliano ha detto...

Caro Maz, sono d'accordo: le definizioni che vengono date, barocco romantico espressionista impressionista, servono solo per comodità nostra.
Alla fine, poi, se dietro non c'è un artista vero e sensibile, rimane poco.
Ti posso dire che Cavalli è un grandissimo musicista, non tanto qui ma in altre opere e altra musica. Nella "Virtù" c'è molto declamato, anche se va detto che le notazioni musicali (cito il maestro Biondi) sono sempre un po' approssimative, ma per esempio pare che il duetto finale dalla "Incoronazione di Poppea" sia suo e non di Monteverdi (all'epoca si usava).

A me è venuto in mente Offenbach, che nella seconda metà dell'Ottocento ha fatto altre riscritture molto divertenti dei miti classici, come "Orfeo all'inferno" dove c'è il famoso cancan e dove Giove si trasforma in mosca per sedurre una tipa che gli piace, ronzandole intorno.

Giuliano ha detto...

Mi sono dimenticato di citare Shakespeare, il "Sogno di una notte di mezza estate": non so se fosse già stato tradotto ai tempi di Cavalli, ma il maestro Biondi fa spesso il nome di Shakespeare quando parla di Cavalli e dei testi che ha messo in scena (quaranta in tutto, se non ricordo male).
Anche Shakespeare gioca molto con la mitologia, compresa quella nordica (Oberon e Titania, re e regina dei folletti, i mazapeguli britannici)