Anni che non ci vedevamo, ed i discorsi oscillavano fra empatia e cautela, si è capito subito che di politica non era il caso di parlare, se no la serata sarebbe finita male, ci si sarebbe lasciati pensando: “Peccato, però!”
Ma gli argomenti c’erano, qualcuno banale -e cadeva un silenzio imbarazzato, una specie di sbadiglio interiore- qualcuno sentito -ed eravamo nella confidenza di un tempo.
Serata calda, non da arrivare al sudore ma quasi, eravamo all’aperto, nel giardino. Verso le 11 si alzò un venticello fresco, lo lodai e ne furono contenti: “C’è tutte le sere”, dissero, felici di regalarmelo. Alle 11 ed un quarto si sentì un motore partire, sulla collina a fianco, vicino alla casa colonica. E quasi subito arrivò l’odore: stavano concimando, lo facevano tutte le sere a quell’ora, proprio prima di andare a letto.
Un odore penetrante e sgradevole da cui mi sentivo circondato, l’odore della seconda bolgia di Malebolge, quella degli adulatori - Canto XVIII dell’ Inferno - dove sono Alessio Interminelli e Taide. Un odore che ci mette molto tempo a non farsi sentire più, il naso si abitua man mano agli odori, ma quello tarda a sparire, tocca respirarlo anche nei sogni.
In quei minuti di oppressione e di imbarazzo sembrava che l’odore fosse il nostro, tanto lo sentivamo aderente, e forse compresi perché volevano cambiar casa, andare ad abitare in centro paese. Con studiata lentezza mi alzai e dopo averli salutati me ne tornai verso Monza, città calda, ma in cui non ci si addormenta così.
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