mercoledì 11 giugno 2008

2. La bolgia degli adulatori

Ad agosto sono andato a trovarli nella loro casa, sulle prime colline della Brianza. Andai dopo cena, ed avevano preparato una torta per me, una torta con la cioccolata, di cui sono ghiotto. Di molte cose sono ghiotto.
Anni che non ci vedevamo, ed i discorsi oscillavano fra empatia e cautela, si è capito subito che di politica non era il caso di parlare, se no la serata sarebbe finita male, ci si sarebbe lasciati pensando: “Peccato, però!”
Ma gli argomenti c’erano, qualcuno banale -e cadeva un silenzio imbarazzato, una specie di sbadiglio interiore- qualcuno sentito -ed eravamo nella confidenza di un tempo.
Serata calda, non da arrivare al sudore ma quasi, eravamo all’aperto, nel giardino. Verso le 11 si alzò un venticello fresco, lo lodai e ne furono contenti: “C’è tutte le sere”, dissero, felici di regalarmelo. Alle 11 ed un quarto si sentì un motore partire, sulla collina a fianco, vicino alla casa colonica. E quasi subito arrivò l’odore: stavano concimando, lo facevano tutte le sere a quell’ora, proprio prima di andare a letto.
Un odore penetrante e sgradevole da cui mi sentivo circondato, l’odore della seconda bolgia di Malebolge, quella degli adulatori - Canto XVIII dell’ Inferno - dove sono Alessio Interminelli e Taide. Un odore che ci mette molto tempo a non farsi sentire più, il naso si abitua man mano agli odori, ma quello tarda a sparire, tocca respirarlo anche nei sogni.
In quei minuti di oppressione e di imbarazzo sembrava che l’odore fosse il nostro, tanto lo sentivamo aderente, e forse compresi perché volevano cambiar casa, andare ad abitare in centro paese. Con studiata lentezza mi alzai e dopo averli salutati me ne tornai verso Monza, città calda, ma in cui non ci si addormenta così.

Gustave Dorè: Taide (Canto XVIII dell'Inferno)

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