sabato 15 maggio 2010

Casablanca

mazapegul






Non appena arrivati a Casablanca, scoprimmo che la conferenca marocco-franco-italiana di analisi armonica s'era scissa, per rivalità in seno alla comunità matematica locale, in due conferenze, che si serebbero tenute in luoghi diversi: una franco-marocchina e una italo-marocchina. Gli attentati contro obiettivi occidentali in città erano avvenuti da pochi mesi e i nostri ospiti erano terrorizzati all'idea che ci potesse capitare qualcosa di male: la mattina ci venivano a prendere in albergo e la sera vi ci riportavano dopo cena, ingiungendoci di non andare in giro senza la loro scorta. Solo a quell'ora, libero dai miei protettori, potevo andare in giro per la città, che tutto mi pareva tranne che pericolosa.
Forse perché aveva un'aria famigliare, da Milano mediterranea, con i grandi viali alberati, i palazzoni pieni di vita e la gente spinta a girare per strada da caldo estivo. Anni dopo provai la stessa sensazione passando dei giorni a Bari per lavoro: una Milano col mare, come diceva lo scherzo ambrosiano-barese d'un tempo. E così Casablanca, che in comune con Bari ha anche la cattedrale a ridosso del mare, la grande e nuovissima moschea Hassan II.






E in effetti, retrospettivamente, la somiglianza con Bari si rafforza, per la presenza, a Bari come a Casablanca, di una "medina" (città vecchia) di ragguardevoli dimensioni, a ridosso, ma indifferente alla città nuova e spaziosa. In entrambi a casi, infatti, la medina è tutta rivolta verso il mare, in direzione del quale percola in mille vicoluzzi storti.








Noi eravamo però alloggiati nel moderno centro cittadino, a due passi da un boulevard ampio e vitale, a qualche chilometro dal mare. La sera andavo a fare la mia passeggiata verso una piazza aiuolata, guardavo i bar dove si bevono alcolici, pudicamente nascosti alla vista da delle vetrate smerigliate, e tornavo verso l'albergo quando il muezzin (un altoparlante, in verità), chiamava alla preghiera serale nella piccola moschea del quartiere.
Mi sistemavo in un angolo di strada tra il mercato rionale e la mosche e osservavo i fedeli che arrivavano per la preghiera. Arrivavano a coppie o a gruppi: uomini barbuti con la jallabya, piccole compagnie di ragazze discretamente velate, tutti allegri e chiaccherosi. (Si trattava, con tutta evidenza, di una minuscola minoanza dei residenti del quartiere). Alcuni uomini arrivavano tenendosi per mano, come i cavalieri medioevali nei loro momenti di amicizia e svago. I ritardatari arrivavano con una una buffa corsetta, tenendo alzato con le mani il sottanone che ne impicciava il passo.







La mattina andavo al mercato, a due passi dall'albergo: una piazzatte quadrata recintata, con postazioni fisse coperte e banchi sistemati in mezzo alla piazza. I banchetti più miserabili, mi pareva, erano quello che vendevano la menta per il tè. Una merce veramente povera, pensavo io che da anni combattevo per estirpare la menta infestante dalla mia aiuola. Però, qui a Bordeaux, vado al mercato di piazza St. Michel il sabato e vedo gli stessi banchi, sempre di commercianti marocchini, che vendono la stessa menta con la stessa serietà e convinzione che gli avevo visto a Casablanca.






Il mercato, nel suo somigliare a quelli romagnoli o milanesi, aveva però qualcosa di fuori posto. Un aspetto meno fiammingo nella disposizione del pesce, forse. O maggiore "carnalità", rispetto ai nostri negozi, del banco delle carni; che mi pareva lì, contrariamente al pesce, un aspetto più vicino alla pittura occidentale; ai macellai dei Carracci e ai buoi squartati di Rembrandt.
In un angolo c'è un rivenditore di animali vivi: polli e conigli. "Chissà cosa se ne fanno le massaie marocchine di animali vivi, nei loro palazzoni," mi chiedo. Arriva una signora e indica un pollo. Il rivenditore lo prende, afferra un coltellaccio e, chop!, gli taglia la testa e lo ficca subito in un pentolone di acqua bollente. Il pollo, sommariamente spennato, finisce nella borsa della signora, che paga e ringrazia sorridendo.

1 commento:

Roby ha detto...

Oddio, Maz, quel "chop" finale onomatopeico rende molto bene l'idea della fine del pollo!!!

Da secoli, probabilmente, succede lo stesso, nello stesso mercato: e qualcosa di simile accadeva (accade?) anche da noi... anche se ADESSO ci sembra strano.

Invidio e condivido le tue sortite serali a Casablanca: col mio segreto spirito da Florentina Jones avrei fatto uguale preciso come te!!!!

Sempre un piacere leggerti, pur da Bordeaux a qui

Sbaciottoni da

Roby