venerdì 22 gennaio 2010

La fatica di cantare

mazapegul

Lo sguaiato coro contadino di Bruegel recentemente qui affisso da Solimano m'ha fatto tornare alla mente una somiglianza che m'era parso di trovare tra due dipinti, al punto che non ricordavo più in quale dei due avessi notato il dettaglio;



tra questo riquadro in Assisi, di Giotto, con l'istituzione del presepio a Greccio...



... e questa mistica processione affrescata, due secoli e passa più tardi, da Amico Aspertini in S. Frediano a Lucca.







Ciò che questi due quadri hanno di simile è la realistica rappresentazione dei frati cantori: i volti seri, le bocche ben aperte per meglio emettere note che dovevano sovrastare il chiacchericcio della folla, per di più -in entrambi i casi- in un ambiente aperto, acusticamente tutt'altro che adatto alla musica corale. Nessuno direbbe che i frati dell'Aspertini e di Giotto sono ridicoli, ma sono certamente tutt'altro che ieratici, lontani da ogni stilizzazione. Sono pura fisicità e musicalita: una musicalità tutta muscolare, per niente pittorica.





Con questi angeli di van Eyck siamo invece a metà tra realismo e stilizzazione. Le eleganti creature stanno certamente cantando, ma ciascuna per conto suo; con un bell'effetto di varietà visiva. Ignorante di musica ancor più che di pittura, non escluderei che si tratti di un coro polifonico realisticamente rappresentato. Un coro da interno, comunque, in un esterno. Come solo gli angeli possono fare.










Col Ghirlandaio, invece, siamo in piena astrazione dai fatti, anche se non dai corpi. Pare che al Ghirlandaio i movimenti obbligati e poco signorili dei volti cantanti non interessassero.







Ho cercato in rete delle foto di cori cantanti, ma ne ho trovate poche. Gran parte dei cori amano farsi fotografare in posa, sorridenti, e silenti. Tra le poche che ho reperito, gran parte sono cori di congregazioni protestanti, dove la musica svolge un ruolo importante.





Un coro di anziani -all'aperto- impegnati in una nota bassa, da spiritual...







...e un muscoloso coro gospel, ottimisticamente lanciato sulla via della salvezza.





La sequenza cronologica è Giotto-van Eyck-Ghirlandaio-Aspertini, ma pare di vedere nella rappresentazione della fisicità una sequenza diversa: Giotto&Aspertini-van Eyck-Ghirlandaio.


10 commenti:

Barbara Cerquetti ha detto...

Il coro, che argomento succulento!
Potrei scrivere un romanzo con tutte le mie avventure nel coro!

Io ho sempre adorato la musica, e fin da ragazza volevo farne parte.
Ho così intrapreso in maniera sempre fallimentare diversi corsi: la mia chitarra sembrava un gatto malato terminale, il mio sassofono uno scaldabagno rotto, per non parlare dei soldi che ho fatto buttare ai miei genitori con il pianoforte. Avrebbero potuto farci una crociera intorno al mondo, poveracci!
Ho anche suonato la tastiera in un gruppo rock, ci chiamavamo The Mask e non ci siamo mai esibiti. Capirai, tre mesi di prove solo per imparare "I want to brake free" dei Queen e ci veniva pure male!

Niente da fare: pur amando la musica con tutta me stessa il mio talento in materia era pari a zero.


Poi sono cresciuta e sono andata all'università. C'era un ragazzo che mi piaceva che cantava nel prestigioso Coro degli Studenti Universitari di Macerata.
Lì ho visto la luce, la strada mai tentata: il canto.
Avrei potuto fare musica e con l'occasione incontrare per tre sere a settimana il bamboccione! Mi ci sono tuffata a bomba e per tre anni sono stata un contralto.
Il contralto più stonato e sfiatato che si sia mai sentito. Il direttore del coro ( che per statuto non poteva rifiutare gli studenti volontari, e io ero molto volontaria) ogni tanto mi sussurrava: -pr favore, canta in playback!
E io ci cantavo, che problema c'era?
Così mi sono esibita e abbiamo fatto un sacco di gite. Sì, perchè dovete sapere che una delle abitudini più belle dei cori è quella degli scambi culturali: noi ospitiamo per quattro giorni un coro della Sardegna e poi andiamo in Sardegna (magari d'estate) ospitati da loro. Una figata galattica.

Adesso non canto più, tranne che in casa sotto la doccia o con i bambini ( che dicono:-mamma un po' più piano!). Ma non dispero: da qualche parte dentro di me prima o poi troverò un talento musicale, fosse anche per l'armonica a bocca, e quel giorno il mondo tremerà! :-D

Solimano ha detto...

Mia mamma aveva una gran voce. Intesa nel senso che cantava forte, bene non so.
Appena sposata, si trovò a vivere in una frazione allo spartiacque fra Emilia e Toscana, e mentre il babbo era a lavorare, tutto il giorno cantava a voce spiegata.
La cosa fece scalpore: i montanari non c'erano abituati, sembrava una cosa poco seria, e il babbo lo venne a sapere.
Allora ebbe un'idea: comprare la radio. E portò a casa la radio tutto contento.
Mia mamma, con le mani sui fianchi, gli disse: "Ma come, non abbiamo i soldi per arrivare alla fine del mese e tu compri la radio?"
Fu la loro prima litigata, poi sono nato io e c'è stato poco tempo per cantare e per litigare.

saluti
Solimano

Roby ha detto...

Barbara, quella del sassofono come uno scaldabagno rotto e del gatto malato terminale mi ha fatto scompisciare... e non parliamo poi del gruppo rock e del coro universitario !! Maz mi scuserà se, anzichè commentare il suo post, commento i tuoi commenti, ma davvero da un pezzo non mi divertivo così!

Comunque, Maz, le tue osservazioni icono-fotografiche sul coro sono acute e godibili. La mia simpatia va a Giotto e all'Aspertini, mente van Eyck mi irrita un po' e il Ghirlandaio mi lascia freddina. Grande il coro Gospel!!!

Baciotti da

Roby

Roby ha detto...

Solimano, tua madre con le mani sui fianchi che "brontola" tuo padre è un quadretto delizioso. Grazie di avercelo regalato!

R.

Solimano ha detto...

Roby, mia mamma cantava perché era di pianura: Medicina, ancora in Emilia ma verso la Romagna, e perché la nonna aveva fatto la mondina. I canti e il modo di cantare, certamente non sussurato, sembravano strani a Pracchia, oltre 700 metri slm.
Il babbo, essendo di Sasso Marconi (mezza collina), faceva un po' il socialdemocratico, in tali evenienze.

Màz, ci tornerò anch'io, sull'argomento dei cori angelici e della pittura. Il più grande coro angelico è qui vicino, a Saronno.
E c'è anche il cinema... chissà se trovo le immagini giuste... e chissà se riesco a superare il vincolo di Blogger (400 x 400). Perché ieri sera e stanotte Imageshack mi ha fatto penare. Mi consulterò con Giorgio e Claudio, mal che vada torniamo al 400 x 400 e festa finita. Siamo belli lo stesso, però ci provo. Tout comprendre c'est tout comprendre...

saluti
Solimano

giulia ha detto...

Cantare, che sogno... Ma come Barbara non sono mai stata molto brava. Avevo uno zio bravissimo e mio fratello che se la cava.
Io cantavo quando nessuno mi ascoltava.

Forse in qualcuno dei cori rappresentati avrei potuto esserci anche io.. Non so ma non mi danno l'impressione di essere molto in sintonia uno con l'altro.

Ciao

Silvia ha detto...

Un post dallo stile Solimaniano:) Bell'argomento i cori. Io sono così ignorante di musica che di pittura, che non saprei dire su due piedi perchè Giotto e Aspertini abbiano dato del coro una rappresentazione così diversa rispetto a Eyck, tranne che nei primi due non mi pare compaiano strumenti musicali, mentre nel terzo sì, anche se in altra tavola. Eyck dava una valenza compositiva della musica e della sua complessità, maggiore degli altri due, intenti a rappresentare il gruppo umano, canoro, intento nel canto elevato, più che la musica in sè. Il Ghirlandaio invece, così amante dei fiori e dell'eleganza, ha condotto il canto agli angeli, che si sa, cantano bene in qualisiasi circostanza, anche se paiono distratti o pensanti ad altro:)

I cori mi esaltano. Mi piacciono le voci orchestrate, il loro uso come strumento così personale e personalizzato, abbinato ad una tecnica straoriinaria e grande sapienza nel modularla e adattarla alle esigenze dello spartito. Per un momento brevissimo della mia vita feci parte di un coro, ma devo ammettere che il repertorio prevelentemente sacro, in breve tempo mi fece desistere perchè non lo sentivo per niente.
Anche il canto, l'ho pensato spesso nella mia vita come un'occasione mancata. Mi sarebbe piaciuto molto studiarlo seriamente.

zena ha detto...

Ci fosse stato un dipinto (o una fotografia a colori) per ritrarre un angelico coro di bambini e bambine alla scuola materna di un paesino padano (coro per altro guidato con energica fermezza da suor Luigina) si sarebbe visto uno stormo di passeri a becco spalancato, con ugola vibrante e occhio rivolto ale mani direttive della suora, e una bambina coi capelli color tiziano bere aranciata, tanta aranciata (con una cannuccia sottile sottile, così il liquido durava di più), con sguardo un po' sognante e divertito...
Per gravi motivi di stonatura
:))

zena ha detto...

errata corrige: c'è una 'l' mancante e vagabonda, nel testo. Se la rintracciate, per favore mettetela al suo posto:)

Un saluto a tutti: sto lavorando fitto e sono poco nelle Stanze. Però leggo e vedo tante cose nuove...
Poi torno.

mazapegul ha detto...

Scusate il ritardo nel riprendere il mio posto nelle Stanze: settimane d'esami durissime, non solo per i miei ragazzi.
Dei frati cantanti di Giotto mi aveva stupito la fisicità del canto, rara veramente, per quel che ho vosto in giro. La fisicità tende a essere statica, o ieratica, o ferma in un gesto colto a un certo puntointermedio. Quei fratoni, invece, venivano dipinti nel pieno dello sforzo.
Che Aspertini avesse visto Giotto? O aveva solo imitato, come Giotto, un volto cantante che, all'epoca, doveva essere meno raro di oggi? O aveva preso da Giotto lo spunto iconografico e da vere processioni riportate sulle sue "vacchette" (taccuini) la figura? O -più probabile- c'era tutto un genere coristico-realistico nell'Italia centrale?
Ritornerò un giorno, quando avrò le immagini, su una jam session dipinta da Carracci Ludovico per S. Paolo in Bologna (molto più angelica e posata dei fratacchioni giotteschi, però).

Saluti a tutti,
Maz