venerdì 22 gennaio 2010

Al di là dell'aldilà

Roby



Ok, ragazzi, prima di tutto mettiamo in chiaro un paio di cosette, così vado avanti più tranquilla: questo è un post sulla morte, o meglio su ciò che potrebbe esserci dopo la morte stessa (insomma, un... post-mortem): quindi fate subito i vostri debiti scongiuri, gesti scaramantici, toccatine ai gioielli di famiglia, ecc., e poi -per favore- mettetevi tranquilli e non pensateci più... ma se proprio volete rifarvela con qualcuno, sappiate che la colpa è tutta di Barbara, la quale, in un commento al suo ultimo pezzo di bravura su Abbracci&popcorn, mi ha dato lo spunto per le funeree, metafisiche, escatologiche elucubrazioni che seguono.

E' inutile nascondercelo: tutti gli esseri umani che vedono la luce sulla Terra, appena lasciato il calduccio della placenta materna, iniziano un tour organizzato a tappe più o meno forzate -qualcuno a velocità di crociera, qualcun altro a dorso di mulo, gli uni sui morbidi cuscini di una Rolls, gli altri stipati su autobus di linea- destinato comunque ad avere inevitabilmente una FINE. Al cinema, dopo che sullo schermo è comparso il fatidico THE END, il pubblico sospira, si stiracchia, si alza dalla poltrona e guadagna l'uscita, commentando il flm appena visto. E noi, quando la nostra pellicola terminerà, cosa troveremo da dire?

"Però, mica male: certo, se durava un altra mezz'oretta ci avrei capito qualcosa in più..."

"Bah, tempo sprecato! La prossima volta meglio una bella partita a tressette!"

"Mamma mia che angoscia... non vedevo proprio l'ora che finisse!"




Senza contare che -memori dei corsi di catechismo seguiti nell'infanzia- quasi tutti ci aspettiamo, dopo, di comparire in giudizio (universale) davanti al tribunale divino, immaginando buoni e cattivi equamente ed insindacabilmente divisi dal Sommo Creatore. L'immagine del quale non coincide affatto, almeno per me, con quella di un Gesù palestrato e discinto che ne dà Michelangelo nella Cappella Sistina: ma qui devo chiamare in soccorso Solimano invitandolo, dall'alto della sua scienza storico-artistica, ad illuminarmi sul perchè il Buonarroti abbia scelto una rappresentazione del genere, in luogo di un Dio più maturo con barba bianca e tunica in tinta, tipo quello che, nella volta della Cappella medesima, avvicina l'indice alla mano di un Adamo fresco di creazione. Ecco, una divinità così, a metà strada fra il nonno di Heidi, Babbo Natale e Capitan Findus, non mi dispiacerebbe incontrarla lassù, e magari farci quattro chiacchiere con calma. Nell'attesa di conoscere quale sarà la mia pena potrei obiettargli che -se appena appena si è sporto a dare un'occhiatina giù negli ultimi 4 o 5 secoli- capirà bene perchè io ed altre sue creature ci siamo stancate, alla fin fine, di seguire i dettami di quella che da circa 2000 anni si definisce la sua Chiesa... ed oserei addirittura consigliargli di sprecare qualche migliaio dei suoi fulmini per centrare giusto giusto il basso ventre di certi suoi ministri, impegnatissimi ad insegnare pratiche non esattamente religiose a bambine e ragazzini loro affidati...




Certo, non è che agli antichi trapassati le cose andassero molto meglio. Per gli Egizi di età faraonica la prospettiva tutt'altro che rosea, dopo la morte, era quella di vedere il proprio cuore pesato dal dio Anubi su una bilancia recante come contrappeso una leggerissima piuma. Signori, qui non c'è dieta che tenga: se il muscolo cardiaco -gravato dalle colpe commesse in vita- pesava soltanto un milligrammo di più, per il povero defunto, gettato in balìa di Seth e dei suoi demoni, erano davvero cavoli amari! E l'Ade dell'Odissea e dell'Eneide? Un vero mortorio, mi si passi il termine! Nebbia, spifferi gelidi, e dappertutto ombre grigiastre che sfuggono alla presa, le une lamentandosi lugubremente, le altre vaticinando disgrazie e dolori. La più simpatica, nelle mie memorie di studentessa classica, è la Didone virgiliana: passa con incedere regale davanti al tremulo Enea, senza degnare nè di una parola nè di uno sguardo il tronfio, opportunista, fedifrago eroe di carta, che rimane lì come un babbeo a guardarla scomparire. Non parliamo poi degli innumerevoli cerchi, cantici e cieli immaginati dall'Alighieri mio conterraneo, evidentemente in preda ai postumi di una sbronza da Chianti d.o.c.g.! Opera divina, siamo d'accordo, specie da quando il nostro Benignaccio le ha dato nuova voce... tuttavia ammettiamolo: se Dante, invece di quella mummia di Virgilio, avesse avuto a disposizione uno straccio di navigatore satellitare, avrebbe risparmiato a se stesso chilometri e chilometri di discese e salite, a noi ore ed ore di studio matto e disperato!

Va bene, adesso tiro il fiato -non l'ultimo, si capisce!!!- e concludo. Può darsi benissimo che, nell'al di là dell'aldilà, non ci sia nulla o quasi di quel che ho descritto sinora. Niente nebbie fumose... niente dannati immersi nell'olio bollente fino alla cintola... niente schiere di cherubini, nè cori angelici... Però qualcosa, qualcosa forse di totalmente diverso da ciò che conosciamo deve esserci. Lasciatemi, vi prego, questa convinzione. Oppure smentitela, se ne avete le prove: ma badate, accetto solo immagini digitali o filmate col cellulare.

Mettetele su YouTube, e poi ne riparliamo.

Addio!



14 commenti:

Solimano ha detto...

Et voilà, Roby! Il cielo con la luna e il Giudizio sono cresciuti.
Le altre due immagini non erano grandi di partenza e restano come sono.
E' abbastanza semplice, magari te lo racconto via email o meglio ancora facciamo due prove su una tua bozza.
Visto che abbiamo scelto il formato largo, approfittiamone!
Sapessi come mi dispiace non poter fare così in AEP.. per quanto... con le immagini strette e alte si può fare, come ho fatto con l'immagine in fondo al tuo Bonaventura.

buona notte Roby
Solimano

Solimano ha detto...

Roby, comunque con le immagini grandi non tutto è ancora risolto. Accadono degli inconvenienti di cui sto cercando di capire la causa. Può darsi tutto, compreso che ci sia qualche haker che non mi vuole molto bene. Qualche tempo fa, mi è toccato di cambiare la mia password in Outlook...
Ma tutto s'aggiusta, prima o poi. D'altra parte, Stanze all'aria ha in sè qualcosa di sperimentale, ed è una cosa positiva anche se qualche guaio succede.

Torno all'argomento del tuo post.
Mi ha colpito quello che scrive Henry Laborit:

"La nostra morte non è forse, in definitiva, la morte degli altri?
Questa idea viene espressa perfettamente dal dolore che proviamo per la perdita di una persona cara. Abbiamo introdotto, nel corso degli anni, questa persona cara nel nostro sistema nervoso, essa fa parte della nostra nicchia. Le innumerevoli relazioni stabilitesi fra lei e noi, e da noi interiorizzate, la rendono parte integrante di noi stessi.
...
Piangiamo quella parte di lei che era in noi e che era necessaria al funzionamento armonico del nostro sistema nervoso. Il dolore "morale" è il dolore di una amputazione senza anestesia.
Così portiamo nella tomba essenzialmente ciò che gli altri ci hanno dato.
E che cosa gli abbiamo reso?"
etc etc etc

A me questo collegamento, questa morte in noi stessi collegata alla morte degli altri, sembra molto convincente. Tutto si svolge nel nostro sistema nervoso, dice Laborit, che queste cose le sapeva per lavoro: scienziato esperto nel sistema nervoso.

grazie Roby e saluti
Solimano

Barbara Cerquetti ha detto...

Cara Roby, la tua convinzione corrisponde alla mia speranza, e sperare male non fa.

Intanto, per ingannare l'attesa (lunghissima), ci stanno bene un paio di AUTOEPITAFFI, tratti dal libro "Meglio qui che in riunione":

-Fui. Che volendo è anche un fischio. (Valeria Cornelio).

-Memento Maori ovvero ricordati di morire nei mari del Sud. (Lele Panzeri).

-Me lo avevano detto ma ho voluto controllare, come sempre. (Als Ob).

-Dopo una vita da precario ha trovato il pèosto fisso (Aldo Nove).

-Ora che sono spiritoso, non faccio più ridere (Marco De Luca).

-Niente fiori, ma innaffiate i vostri (Fabio Giardiniere, professione giardiniere).

-Io sto bene. E voi? (Filippo Tuena).

-To be continued (Aldo Grasso).

-C'è spazio per tutti (Daniele Zambelli).

-Cambio di residenza, nuovo indirizzo: sergio.romano@inferi.com (Sergio Romano).

-Qui giaccio. Lo facevo anche prima, ma mai con tanta convinzione (Igor Francia).

Gauss ha detto...

Eh no, Roby, non so cosa dirà Solimano, ma nel Giudizio Universale il giudizio ancora c'è stato, l'intera umanità è in attesa della sentenza, che sarà emessa dall'anziano signore canuto e barbuto che piace a te, e il metro del giudizio è il giovane di fattezze perfette e dallo sguardo severo.

Come epitaffio, Barbara, non è male nemmeno questo, inciso su una pietra tombale in un cimitero non ricordo se scozzese o gallese:

Ve lo dicevo che ero malato.

Gauss

Anonimo ha detto...

questo era nel repertorio
di citazioni della mia mamma:
stavo ben, per star meglio qui giaccio

Solimano ha detto...

Gauss, non si può!
Siamo tornati stanotte all'una dalla cena degli otto a Milano. Non al solito ristorante, ma a casa di Simonetta e Luciano (zona Via Procaccini).
Prima di andare a dormire, ho dato un'occhiata a Stanze all'aria ed ho letto l'epitaffio
Ve lo dicevo che ero malato.
Mi sono messo a ridere che non finivo più: me lo vedevo questo brangognone, questo rimbrottone, che anche dopo la dipartita accusa i parenti di trascurarlo.
E'difficile addormentarsi ridendo, fatto sta che mi sono alzato un'ora fa, alle 13.18.
Gauss, non farlo più, avvertici prima: "Adesso vi farò ridere".

saluti
Solimano
P.S. Ho una gran voglia di mettermi a rileggere Swift, Sterne, Wilde, Shaw, Chesterton... persino il Dickens del Pickwick...

Roby ha detto...

Grazie, Sol!!!! Quelle nuvole gigantesche e quel giudizio universale in schermo panoramico...

Ciao, Barbara! Eccezionale la tua sfilata di epitafi!

E' vero, Gauss! Chiedo venia!

Alberto, rido anch'io da mezz'ora....!!!

Baciotti da
Roby


PS: Riferito da mia sorella, letto su una lapide in una chiesetta di campagna:

TU CHE LEGGI
QUI T'ASPETTO!

mazapegul ha detto...

Roby e Barbara: ho a casa una collezione di epitaffi romani, alcuni dei quali niente male. Si vede bene che non avevano (come dici bene, Roby) grandi speranze nell'aldilà; quindi gli epitaffi sono tutti rivolti al mondo di quà. Tipo (vado a memoria) quello di un attore di sanguinose tragedie:

"Sono morto tante volte, ma così mai.
Saluti a voi che state di sopra."

Se non ci fosse l'idea dell'aldilà, Roby, non ci sarebbe neanche questo tuo post. Che dire: per avere i tuoi post ci si rassegna a credere a tutto!

Maz

Solimano ha detto...

La morte è un bel business, fra l'altro.

Mi arivò in ufficio la telefonata del titolare di una ditta che voleva acquistare il calcolatore (allora si diceva così).
"Pronti, son qui!" prendo l'appuntamento e vado.

Mi fanno entrare attraverso il magazzino. Era un grossista di articoli funerari, con un suo giro di subfornitori: marmisti, vasi e sculture in bronzo etc.
Entro nell'ufficio del titolare: mai visto un ufficio così vistosamente bello: Lampada Flos Castiglioni, divani Coronado, bei quadri di donne quasi discinte, Playboy in edizione americana invece del solito Espansione.

Durante la conversazione-trattativa, arrivò la telefonata di un suo amico-concorrente del Centro-Sud, e si misero a discutere dell'imminente stagione di punta. Perché è un lavoro stagionale, le punte sono due: i giorni torridi di fine luglio e la fine dell'autunno, non l'inverno: sono i primi freddi a spopolare i vecchietti.
E così via. Un lavoro ad alti margini di guadagno, perché normalmente non si tratta sul prezzo: i parenti si vergognano a chiedere lo sconto sul caro estinto (in Brianza non so, secondo me trattano, trattano...)

Poi (anzi prima), l'incredibile successo di un libro che tutti abbiamo letto almeno una volta:
"L'Antologia di Spoon River" di Edgar Lee Masters. Pochi sanno che ne fece un reply che non ebbe successo. A me è bastato leggerlo una volta: dopo le prime venti pagine sorprendenti per me divenne ripetitivo.

Infine, un film acuto, agghiacciante e divertente (nel genere utopico-grottesco): "Il caro estinto" (The beloved one) di Tony Richardson.

A parte il divertimento, gli AUTOEPITAFFI portati da Barbara sono spesso vere espressioni di situazioni e di personalità.
Sul "Meglio qui che in riunione", già ero convinto io, ho chiesto a mia moglie ed è convinta anche lei: le riunioni scolastiche sono peggio di quelle aziendali.

Il "Me lo avevano detto ma ho voluto controllare, come sempre" è una personalità che tutti abbiamo incontrato e patito: uffa uffa uffa, ha sempre ragione lui, con la sua ansia di controllo, il Rag. Precisetti.

Il "Niente fiori, ma innaffiate i vostri" (Fabio Giardiniere, professione giardiniere). E' tenero, viene voglia di conoscerla, una persona del genere, che ama in tal modo il suo lavoro. Peccato che Fabio Giardiniere sia estinto, ma si stanno estinguendo tutti, quelli come lui.

Sul "Ve lo dicevo che ero malato", ho già riso abbastanza. Ha un fondo sardonico, quello ha cominciato ad ammalarsi appena nato... ci sono, ci sono, quelli -e quelle - così.

saluti
Solimano

giulia ha detto...

Te la lascio questa convinzione... Perchè no? Ma forse non mi piace come viene usata da chi l'ha fatta sua e non possiamo passarci sopra. Io non gli perdono di avere letteramente spaventato con quell'inferno terribile... E non è successo tanto tempo fa, sta succedendo adesso. Io non so se o tanta voglia di presentarmi a questo "giudizio universale"!
Pensate che confusione, quanta gente sarà presente? Ci sarà un numero di ingresso? Ma???

No, continua a crederci Roby e tutto sommato a questo punto concordo con te: ci vuole un grande e bel vecchio con barba bianca...

Un abbraccio e baci

Roby ha detto...

Tanti anni fa avevo letto l'ironico autoepitaffio di Paul Newman:

“Qui giace Paul Newman, che è morto da fallito, perché i suoi occhi erano diventati marroni!”.


Chissà cos'hanno veramente scritto, invece, sulla sua tomba?

Ri-saluti a tutti, sempre confusa dal vostro affetto!

Roby

mazapegul ha detto...

Sto leggendo alcuni (bellissimi) racconti di Murakami, di cui avevo letto qualche anno fa "Dance, dance, dance" (Dansu, dansu, dansu). Ho letto di recente anche dei racconti di Banana Yoshimoto, che non m'era piaciuta un tempo, (ma ho poi cambiato idea: forse merito dell'emerito traduttore, Armitrano?).
Mi chiedevo dove stesse la sorpresa di questi racconti e di questa narrativa giapponese in genere. Mi pare di aver capito. Pur giocando coi simboli e col soprannaturale (e coi fantasmi, di cui i giapponesi -e solo loro- possono parlare in tutta serietà), questa letteratura manca di trascendenza. Non ve ne si trova di implicita, né di esplicita.
Tutto parte dal corpo (comprensivo di mente e sentimenti) e tutto ritorna al corpo. Al di fuori del corpo, e della sua relazione con altri corpi, non c'è nulla.
Questo universo così apparentemente ristretto, per chi è cresciuto in una cultura in cui anche le ideologie atee si sono nutrite della trascendenza e della sua incarnazione, è in realtà vastissimo. Vasto abbastanza da ospitare persone e fantasmi, misteri e passioni. E corpi, abitudini, incontri, solitudini...

M'è tornato alla mente il tuo post. Forse di là non c'è davvero nulla, ma non c'è da preoccuparsi.

Maz

Solimano ha detto...

Ma cosa stiamo a discutere sull'aldilà? La risposta l'aveva già data Betty Curtis (se ci fossero dubbi, la canzone "C'è una casa bianca che" li scioglierebbe come neve al sole):

Aldilà del bene più prezioso
ci sei tu
Aldilà del sogno più ambizioso
ci sei tu
Aldilà delle cose piu belle
Aldilà delle stelle ci sei tu
Aldilà ci sei tu per me
per me soltanto per me

Al di là del mare più profondo
ci sei tu
Aldilà dei limiti del mondo
ci sei tu
Al di là della morte infinita
Al di là della vita ci sei tu
Al di là ci sei tu per me


Ciò detto, anzi cantato, mi sembra che l'osservazione lieve lieve del Màz: Forse di là non c'è davvero nulla, ma non c'è da preoccuparsi, ci consenta di dire: Forse che sì forse che no, embè? Qui a Monza (città anglosassone) sono le cinque, metto su il tè. Chi lo vuole col limone, chi col latte?

saluti
Solimano

Medine ha detto...

Limone grazie:)E i biscottini magari. Intanto canto con Betty. Non preoccupatevi, non farò venire a piovere, basta già la tanta neve.