lunedì 21 dicembre 2009

Ricordo dell'Eldorado - Dalle Alpi alle Ande

Il giorno di lasciare il Venezuela per tornare in Italia, offrì di accompagnarmi all’aeroporto un giovane ufficiale della Fuèrza Aerea, il capitano Tovar, un tipo cordiale e loquace. Sull’autostrada per Caracas, alcuni cartelli indicavano l’uscita per Colonia Tovar e gli chiesi se per avventura quel nome avesse a che fare con lui o con la sua famiglia. Altro che per avventura!
Questa la storia, nel racconto del capitano.


Joseph Morlent, Album du voyage au Havre et aux environs (1841)

A metà dell’ottocento era governatore di Caracas un suo trisavolo, Martin Tovar y Ponte, proprietario di un territorio sconfinato, nel senso che si sapeva in che direzione si estendesse, ma dove finisse si sarebbe potuto sapere solo esplorandolo. Un viaggio in Europa (visitare periodicamente il mondo civile era considerato un obbligo dall’aristocrazia americana del tempo) lo portò ad attraversare la Foresta Nera, che quanto ad asperità e selvaticità non gli sembrava temere il confronto con i suoi possedimenti, considerazione che gli bastò per proporre ai borgomastri di quelle valli di trovar gente disposta a cominciare una nuova vita in America, dove si sarebbe sentita come a casa sua e avrebbe avuto abbondanza di terra fertile da coltivare e da popolare. Che di gente ne convincessero pure tanta da riempire una nave, alle spese di viaggio e di accoglienza avrebbe provveduto lui. E non parve vero alle autorità del Baden di attingere anche da prigioni e postriboli per mettere assieme 400 intrepidi sudditi del Granducato (gli uomini in numero doppio delle donne).

Partirono da Le Havre nell’inverno del 1843 e dopo una ventina di giorni arrivarono a La Guaìra, il porto di Caracas. Ma a bordo si era diffuso il vaiolo, forse contratto durante una sosta alle isole caraibiche, e parve subito chiaro che alla quarantena, su una nave alla fonda nel forno crematorio della Guaìra, non sarebbe sopravvissuto nessuno. Il buon governatore, cui la salute dei suoi montanari tedeschi premeva non meno del popolamento delle sue valli, ordinò dunque di dirottarli verso la disabitata baia di Puerto Colombia (proprio la meta del mio week-end venezolano) dove fece confluire ad attenderli un’arca di Noè di carri, bestie da soma, animali da pascolo, da stalla e da pollaio, indumenti, attrezzi, medicinali, viveri, sementi.
Sbarcati e rifocillati che furono, li istruì sommariamente, sempre avanti, verso mezzogiorno, mai voltarsi indietro. Suerte! Scomparvero nell’ignoto, e per più di un secolo non se ne seppe più nulla.

Nel periodo a cavallo del 1940 governava il Venezuela un presidente che dava al lavoro forzato la dignità di argomento di dialettica politica. Per convincere gli oppositori della debolezza delle loro tesi, consentendo tuttavia che avessero un ruolo nello sviluppo del paese, li mandava su per la sierra andina, nelle regioni più remote del paese, a fendere la giungla ed aprire nuove strade. Capitò che, dopo aver risalito una valle fino a duemila metri di altitudine, al di là di un giogo si presentò ai loro occhi una visione strabiliante, un villaggio di case bianche con tetti spioventi e travature a vista, gente di pelle chiara, occhi azzurri e chioma bionda, che parlava in un linguaggio incomprensibile.

Avevano scoperto la Colonia Tovar, e non si può negare che i coloni avessero fatto del loro meglio per onorare la volontà del vecchio Tovar, erano diventati già più di tremila.
Oggi la Colonia è una curiosa località turistica, dove si parla l’alemàn colonero, si mangiano salsicce e si beve birra, e gli alberghi si chiamano Edelweiss, Bergland, Drei Tannen, Kaisersthul e così via. Si dice anche che dopo la guerra vi si sia confusa una nuova ondata di immigrazione tedesca in fuga dalle rovine del Terzo Reich.

Un po’ per curiosità, un po’ per incredulità ho cercato in seguito di approfondire e mi sono convinto che il capitano Tovar mi aveva raccontato una versione romanzata, e perciò molto più fiabesca e avvincente della vera e comunque straordinaria storia della Colonia Tovar.

Gauss

6 commenti:

Solimano ha detto...

Gauss, sono bloccato in casa dalla neve. Epperò nel pomeriggio, alle ore 14.30, mi troverò con l'Architetto Alberto Colombo al Re di Sass per intraprendere una spedizione molto più rischiosa di quella da te raccontata e che commenterò successivamente.
Alberto ed io (si spera ben calzati) camminerem piedòn piedoni nel Parco di Monza innevato di fresco. Se torneremo incolumi racconteremo, altrimenti una prece.

saluti Gauss
Solimano

Gauss ha detto...

Mi aggregherei volentieri, ma alle 15.30 ho un urgente (e spiacevole) incontro con il dentista. Immagino che sarete equipaggiati di macchine fotografica e di ogni altro mezzo di registrazione. Attenti a non "colorire" troppo il vostro reportage, i racconti romanzati mi affascinano, ma poi li sottopongo a controllo. Come da bambino con le storie di Gesù Bambino e della Befana, morivo dalla voglia di crederci, ma non riuscivo a dormire per scoprire se erano vere.

Gauss

Solimano ha detto...

Tutto bene, Gauss, siamo tornati incolumi, malgrado gli attacchi dei lupi affamati. Dovevi vedere come correvano nel pratone che una volta era l'ippodromo!
A parte le fole, non ho visto le solite lepri: che siano sparite tutte?
Una gran bella neve (40 cm), con gli alberi ancora tutti ricoperti. Speriamo che non geli stanotte, sennò per quindici giorni ci sarà da stare mooolto attenti per strada, ancor più a piedi che in macchina.
Poca gente, tutta gentile, come accade quando si è in pochi ad aver scelto una cosa bella non per tirarsela, ma per piacere personale. Dovevi vedere la cortesia a lasciarsi il passo a vicenda nei sentierucci tracciati da chi c'era passato prima.
Di fronte al Re di Sass, Alberto mi ha passato venti chili di roba da portare. Lo sapevo prima, quindi mi ero attrezzato con lo zaino. Calzati benissimo, lui con pedule alte di gamba, io con gli scarponi da escursione.
Alberto ha scattato un po' di fotografie, spero che me le spedisca o che le metta lui in codesto loco. Abbiamo parlato anche delle future conferenze di Novaluna: buone notizie che ti racconterò. E con te, il dentista ha infierito?

saluti
Solimano

Anonimo ha detto...

le fotografie sono in arrivo.
te le mando appena il telefonino
avrà finito di ingozzarsi di elettroni

mazapegul ha detto...

Tovar come una Macondo germanica? Troppo bello per essere vero! (Il tuo ufficiale poteva aver letto Garcia Marquez?)
M'han detto di un villaggio messicano i cui abitanti hanno i capelli rossicci e parlano veneto. Non ricordo chi me lo dicesse, se veneto o messicano.
Grazie per lo spunto,
Maz

Silvia ha detto...

Bè è un po' come sentirsi a casa anche nell'altra parte del mondo. Bere birra e mangiare crauti in pieno Venezuela non dev'essere male.