sabato 19 dicembre 2009

La moglie di Putifarre (3)

Solimano



Nella Bibbia non si fa il nome della moglie di Putifarre. Abbiamo visto che, prima nella torah ebraica e successivamente nella cultura della Persia islamica, un nome glielo hanno dato: Zuleykha. E così la chiamiamo, sia per rispetto, sia perché ci sentiamo più coinvolti, è proprio un bel nome, Zuleykha.
Ecco due esempi nordici per il secolo XV. Si tratta di stampe e ho fatto in modo che nelle immagini comparisse il bordo, così diventa irresistibile la pulsione a guardarle come se fossero moderni fumetti. La stampa che inserisco in apertura di post (con due immagini: intero e particolare) appartiene ad un libro, "La Cronaca di Norimberga", ed è del 1493. L'autore si chiama Hartmann Schedel. E' un'immagine che mischia gli episodi in modo divertente. Sulla sinistra c'è il Faraone (sopra l'immagine compaiono i nomi scritti in lettere gotiche). Al centro c'è Giuseppe che sta interpretando i sogni del Faraone, a destra c'è la nostra Zuleykha, a cui palesemente non importa nulla dei sogni del Faraone e tanto meno delle loro interpretazioni: le interessa Giuseppe e lo tira per il manto per portarselo nell'alcova , verso di cui protende la mano. E l'altro personaggio che compare, chi è? Che si tratti di Putifarre? Potrebbe essere, visto che è vestito con lo stesso colore di Zuleykha. Povero Putifarre, che figura, ti fanno fare... proprio di fronte al Faraone!
L'immagine che inserisco qui sulla sinistra appartiene alla "Biblia figurata", che è nella Cattedrale di Gand. E' anteriore all'immagine di apertura e l'autore si chiama Raphaël de Mercatellis. Una immagine di malizia lieve. Curioso l'inserto sopra, in cui si vedono Giuseppe e Zuleykha che parlottano amichevolmente. Che peccato! Avevano cominciato bene, quei due, poi tutto è andato a rovescio per colpa di quel fifone di Giuseppe.

Un quadro italiano, eseguito vero la fine del Quattrocento. Ne è autore il senese Francesco di Giorgio Martini, il grande architetto soprattutto militare di Federico da Montefeltro. Era un ingegno multiforme che ha lasciato ottime pitture e che si occupava da vicino degli intarsi in legno (o tarsie). Ci può essere la sua mano di disegnatore e la sua mente di architetto dietro il progetto degli studioli di Urbino e di Gubbio. Il quadro con Zuleykha appartiene allo stile biondo, come venne genialmente definito un certo modo pittorico della seconda metà dal Quattrocento a Siena. A prima vista, sembra un ballo o una galante scena di corte. Tutti giovani. Solo a guardarla bene ci si accorge che la scena è drammatica: Zuleykha, col manto in mano, sta accusando Giuseppe, che è stato già preso dalle guardie.


Attorno al 1510 scende in campo Luca di Leida (Lucas van Leyden) un notevole pittore fiammingo, che si dedicava prevalentemente alle arti grafiche, soprattutto al'incisione. Qui vediamo due rappresentazioni dello stesso episodio: Zuleykha che accusa Giuseppe utilizzando il manto come prova. A parte che la tecnica pittorica è ben diversa dalla tecnica dell'incisione, Luca di Leida modifica del tutto la rappresentazione: l'unica cosa simile è lo sguardo desolato del povero Putifarre. Il quadro, del 1510-11, è al Museum Boijmans van Beuningen di Rotterdam. L'incisione è del 1512.


Le Logge Vaticane furono decorate su disegni di Raffaello. Finite nella primavera del 1519, l'esecuzione dei dipinti fu opera di allievi di Raffaello, che, oberato di impegni, sapeva scegliere bene i collaboratori. La Zuleykha delle Logge cerca inutilmente di trattenere l'atletico Giuseppe, che ha una partenza da centometrista. Molto movimento, molto vigore, sensualità poca. Ce n'è forse di più nell'incisione che ne trasse Marcantonio Raimondi pochissimo tempo dopo e che inserisco come seconda immagine.

Molto diversa la Zuleykha del Tintoretto, eseguita attorno al 1555 (54x117 cm), che è attualmente al Prado di Madrid. Qui al tema non ci si gira più attorno, l'erotismo diventa il perno su cui si regge tutto. Come per altri miti antichi, biblici e greci, la rappresentazione visiva della sensualità sorge a Venezia; le altre scuole non potranno che prenderne atto. D'ora in avanti la povera Zuleykha rischierà di prendere freddo e ci sarà una forte personalizzazione psicologica e fisica dei protagonisti: Giuseppe e Zuleykha.
(continua)

Tintoretto: La moglie di Putifarre c.1555 54x117cm Prado, Madrid

8 commenti:

zena ha detto...

E' una ricognizione preziosa, Solimano.
In fondo, ogni epoca ha lasciato in Zuleykha, nella la foggia dei suoi abiti o nelle forme del suo corpo o nella posizione, un modo riconoscibile di rappresentare la donna.
La postura scelta dal Tintoretto mi sembra davvero quella più erotizzata, modalità che poi tornerà in tante successive rappresentazioni de 'l'attente du plaisir'.

Solimano ha detto...

Zena, apparentemente è un tema secondario. Il fatto che nella Bibbia non ci sia neanche il nome è emblematico, nella cultura patriarcale in cui le donne sono equiparate alle cose (anche nei comandamenti). Vedi caso, il nome Zuleykha sbuca in un commentatore della torah ed in un quadro persiano. Il che significa che fortunatamente non serve sempre lo spadone: all'interno dell'ebraismo e dell'islamismo esistevano (ed esistono) minoranze più incuriosite da Zuleykha che da Giuseppe e da Putifarre. E' giusto che sia così: i personaggi di Giuseppe e di Putifarre sono scontati, quello di Zuleykha no.
E tu dici giustamente modalità che poi tornerà in tante successive rappresentazioni de 'l'attente du plaisir'. Perché l'erotismo non è la guardoneria, tanto meno la pornografia. Non è questione di centimetri quadri di pelle scoperta.
Ma ci tornerò, prevedo almeno altri due post, anche con una Zuleykha moderna... ma non anticipo... le carte si giocano una alla volta.

grazie Zena e saluti
Solimano

mazapegul ha detto...

Grazie, Solimano, per questa bellissima e utilissima serie. Di Tintoretto (amato sin dai miei anni giovanissimi e ignorantissimi) ci hai già ricordato la Susanna. A parte la morbida bianchezza della giovane e piena pelle femminile, così adatta ai giochi di luce che Tntoretto imbastiva con addirittura irritante facilità, c'è anche l'aspetto erotico. Sul quale io (avendo in mente la Scuola di S. Rocco, poco erotizzante) mi sono sempre posto delle domande. (A chi era rivolto: a se stesso, ai committenti, al popolino veneziano?)

Ciao e grazie,
Maz

Gauss ha detto...

Solimano, sei il Sigmund Freud dell'iconanalisi!
Il bello delle tue letture è che non mollano mai l'immagine, non si lasciano andare al compiacimento estetico, che appartiene al lettore, e non si perdono in discettazioni storico stilistiche, che più che all'opera si rifericono al suo autore.
Per te il dipinto descrive e racconta sempre, in un modo che ad altri può sembrare criptico, e tu ci godi un mondo a mostrargli quanto invece sia esplicito.

Grazie, sulla consorte di Putifarre, e l'archetipo che rappresenta, magari un'altra volta.

Gauss

Solimano ha detto...

Màz, a proposito della Susanna, ho ripreso in questi giorni la serie dedicata a La casta Susanna e mi sono accorto che sarà un lavoro più lungo di quel che credevo. Sono già sicuro che si tratterà di più di trenta post e potrei arrivare vicino a cinquanta. Il primo problema è quello di procurarsi le immagini e sono aiutato dall'adozione di una modalità che mi permette di andare oltre la dimensione di default del blog (400 x 400 al massimo). Ma il problema saranno i testi, perché le immagini non debbono schiacciare il testo e perché è necessaria una personalizzazione sulle modalità rappresentative di ogni singolo quadro. Quindi la serie, che è accessibile in fondo al blog, resterà un cantiere a cielo aperto per diverso tempo. La casta Susanna del Tintoretto è uno dei quadri più belli della serie. Ma di belli ce ne sono tanti altri. Evidentemente il tema ispirava, si tratta di evidenziarne i motivi, neturalmente dopo una attenta lettura di ogni opera. Meglio procedere non troppo velocemente, altrimenti dei particolari significativi possono sfuggire.
Insomma, ci fatico ma mi ci diverto.

grazie Màz e saluti
Solimano

Solimano ha detto...

Gauss, gli aspetti storici, stilistici ed estetici sono sicuramente importanti, ma prima occorre fare il lavoro sporco: guardare con attenzione l'immagine che sta davanti ai nostri occhi. Non è facile, fermarsi per cinque minuti di fronte a un quadro. Siamo stati abituati diversamente. Poi c'è un gioco di rimandi con gli aspetti storici e quelli stilistici (lasciamo stare per il momento l'aspetto estetico), perché, per vedere/capire bene un quadro serve anche la storia e lo stile.
Sull'interpretazione di un mito come quello di Zuleykha chiaramente si può scoprire molto, partendo dall'elemento più anomalo: una donna in età che assale un giovane. Con la casta Susanna è esattamente il contrario. Il fatto che questi temi siano inseriti in un libro sacro complica l'interpretazione e stimola l'indagine. Sono convinto che è proprio il contrasto fra sacralità ed erotismo a dare una marcia in più ai mecenati, agli artisti, ai fruitori. Come gli ossimori ben riusciti.

grazie Gauss e saluti
Solimano

Gauss ha detto...

Solimano, provo anch’io a giocare al tuo gioco. Nell’illustrazione della “Cronaca di Norimberga” il personaggio in cui riconosci Putifarre (giustamente, chi altri?) ha il dito indice puntato esplicitamente verso il Faraone. Un significato lo deve avere. Vuol ammonire Giuseppe di non farsi distrarre da quella sfacciata di sua moglie e di dedicare tutto se stesso al faraone suo benefattore? O vuol dire, il pusillanime, attento a quel che fai, perché poi non io, ma il Faraone stesso ti punirà severamente? E a voler proprio essere curiosi, che cosa saranno quelle due zampette bianche che sporgono da sotto il talamo nell’alcova di sua moglie? Un cagnetto testimone? Il demonio tentatore?
Nella “Bibbia figurata” è eloquente il confronto fra la finestrella rettangolare in alto e il tondo al centro. Sopra, una scena notturna, con Giuseppe che indossa una semplice veste e si mostra disinvolto, gesticola (le mani parlano), insomma fa il gallo nei confronti di Madame Potifar che invece è tutta compunta in ascolto, e castamente coperta, camicia, veste e mantello. Sotto, è già giorno, la signora è coperta solo da una veste scollata con vista sull’insenatura, mentre il tanghero sembra accomiatarsi, con tanto di mantello sulle spalle. Inverosimile che se lo sia messo per incontrare, di prima mattina, una gentildonna nei suoi appartamenti. Più probabile che se la stia squagliando dopo una notte di fuoco e che la donna lo trattenga, … ancora, ancora!
Nello stupendo quadro in stile biondo (poi mi fermo), è sempre una mano a dirla lunga. C’è una figura in veste rossa e mantello scuro, seminascosta da una colonna, che non può che essere Putifarre, occhi bassi, e quella mano aperta, a significare "non voglio nemmeno saperlo, se il mantello nelle mani di mia moglie c’è rimasto prima o dopo".

Gauss

Solimano ha detto...

Gauss, un po' scherzi un po' dici sul serio, ma certamente ti rendi conto che non si finisce mai di scoprire, guardando attentamente i quadri, dal Quattrocento al Settecento compresi. Tutto aveva un senso, leggevano poco e guardavano molto, mentre oggi, al di là delle apparenze bieche, si guarda molto meno. Tutti i grandi romanzi dell'Ottocento uscivano corredati da illustrazioni, adesso un romanziere qualunque protesterebbe se mettessero un figura in mezzo ad un suo romanzo. La Storia dell'Arte dovrebbe essere anche una storia della civiltà, una storia-storia, questo è il punto. Mentre per gli ultimi cent'anni la critica d'arte, specie in Italia, ha fatto un discorso soprattutto di tipo estetico (?) a prescindere da che cosa rappresentasse il quadro. Meno male che Panofsky e Gombrich hanno fatto un bel repulisti.

grazie Gauss e saluti
Solimano