Ho sempre provato fascinazione per la pittura, niente di culturalmente sofisticato, solo un ingenuo rapimento di fronte alle raffigurazioni, dalle grandi pale degli altari ai disegni di Jacovitti firmati con il mezzo salame. La pittura è arte nostra più di ogni altra, mai dimenticare che siamo stati per secoli un popolo di analfabeti colti, che le parabole del vangelo le leggevano sugli affreschi delle chiese, i miracoli dei santi sugli ex-voto esposti nelle teche e le gesta dei paladini sulle tele illustrate dei pupari. A rivelare le leggi della natura provvedeva il lunario di Barbanera mentre nei portafogli la coabitazione coatta del taccuino profumato del barbiere e del santino del patrono ad un tempo induceva e proteggeva dalle tentazioni. Ignoranza delle lettere rimediata con la comprensione delle immagini, che delle lettere sono la versione primordiale.
A un certo punto è accaduto che, oltre che avido lettore, mi sono ritrovato appassionato seppur lento e incostante scrittore. E’ accaduto perché alla Famiglia Artistica Lissonese tutte le mattine della domenica Gino Meloni, che ho già presentato in un post precedente, teneva scuola di pittura. Meloni era un artista animato da motivazioni sociali, che allora si chiamavano socialiste, considerava l’arte un fattore di elevazione culturale e morale ed era convinto che l’artista avesse un ruolo e un compito educativo cui egli stesso non voleva sottrarsi, un compito che del resto non gli spiaceva affatto, anzi, vedere che i suoi concittadini si interessavano alla sua arte era per lui la più grande gratificazione. Sentimento ricambiato. Alla scuola della Famiglia Artistica Meloni era un “profeta in patria”, circondato dall’affetto e dal rispetto di tutti. E alla scuola lui ammetteva tutti, adulti e bambini, esperti o principianti, unico requisito la curiosità e l’amore per la pittura, i presuntuosi e i superficiali li buttava fuori.
Per dirla tutta, era una scuola per modo di dire, agli aspetti tecnici Meloni non dava importanza, nessuno l’ha mai sentito parlare di imprimitura della tela o di diluizione della tinta, di punto di fuga o di colori primari. Più che insegnare a dipingere, invogliava alla pittura. Meloni era stato uno studente irregolare, però ricordava di aver avuto un grande maestro, lo scultore Arturo Martini: “…gli altri rimanevano dentro gli schemi tradizionali, erano bravi professori. Lui no, era un’altra cosa, era un uomo vivo… Ma non era un professore, era un maestro… non sapeva insegnare, non spiegava… ma le sue parole ti scavavano dentro…”. Un giorno Meloni pronunciò quello che sarebbe diventato il manifesto della sua scuola: “…non si insegna come si dipinge un albero o una testa, ma si cerca di capire che cosa sia l’albero o la testa; poi viene il resto…”. Anche Socrate parlava così.
L'attaccamento di Meloni alla scuola fu sempre assiduo e disinteressato, la sua passione e il suo entusiasmo contagiarono più di un generazione. Non mancò un appuntamento domenicale per più di cinquant’anni, fino a quando, malato e malfermo, si adattò a stare seduto in mezzo ai suoi allievi che a turno gli portavano la loro opera per sentire la sua opinione e ricevere il suo incoraggiamento.
Tutte queste cose mi erano completamente ignote quando, essendo i miei due figli ancora bambini, un po’ per saggiare la loro inclinazione artistica, un po’ per guadagnare un paio d’ore di preziosa libertà domenicale, decisi di portarli a Lissone alla scuola di Meloni. Finì che, una volta lì, vedendomi gironzolare fra i cavalletti, qualcuno mi mise in mano i pastelli colorati…Dopo un paio di mesi i miei figli cominciarono a sbuffare “Papà, che barba, si va a pittura anche domani?”. Non ce li portai più, a dipingere con Meloni ci andai da solo, e ci vado ancora oggi che Meloni non c’è più. Sono un pittore della domenica.
Gauss
Opere riprodotte, nell'ordine:
Donna brianzola (1950)
Venezia (1954)
Brianza (1960)
Vetrine (1976)
Ritratto d'uomo (1988)
4 commenti:
Gauss, io non sono mai stato pittore, però per alcuni anni ho fatto una esperienza diversa, incentrata sul saper guardare, e in parte la racconto qui.
Tutti dovrebbero passare attraverso questa attivazione di facoltà altrimenti latenti in noi. Il risultato vero non è nelle migliaia di schizzi o disegni che ho fatto, ma nell'atteggiamento che si accquisisce nella fruizione delle opere d'arte, e più in generale nell'accorgersi di quello che accade ogni giorno davanti ai nostri occhi.
Arturo Martini è un grande scultore; sue opere si trovano in una collezione a parte della Pinacoteca di Brera, poco nota anche ai milanesi, in cui si trovano opere di Medardo Rosso, di Morandi, De Pisis, Carrà, Boccioni... a saper cercare, Milano è veramente una città ricchissima di opere d'arte... e confesso che alla Pinacoteca di Lissone non sono mai stato, magari ci andremo insieme. Ma dietro alla curiosità di ognuno di noi quasi sempre si annida un maestro. Bel colpo di fortuna, il mio è stato avere Francesco Arcangeli come insegnante di Storia dell'Arte al liceo.
grazie Gauss e saluti
Solimano
Mi sono commossa lo ammetto. Commossa per come dovrebbe essere trasmessa l'arte: così. E per come dovrebbe essere accolta: così.
Ritengo la tua esperienza di grande fascino perchè ricca d'amore vero, d'impegno, d'incredulità prima di riconoscimento dopo. Così è il vero rapporto che si dovrebbe instaurare con chiunque per ogni cosa, come se fosse un viaggio che può durare per tutta la vita.
…non si insegna come si dipinge un albero o una testa, ma si cerca di capire che cosa sia l’albero o la testa; poi viene il resto…”.
Poi uno dice vado ad un corso di pittura la domenica mattina...
T'invidio molto. Anche io sarei andata a quei corsi tutte le domeniche possibili.
I suoi quadri mi piacciono molto. Ci sono alcuni richiami che mi ricordano artisti famosi, e trovo che abbiano una personalità spiccata. L'ultimo poi mi piace in modo particolare, c'è una componente lignea, quasi scultorea che però contrasta col movimento del capo. E mi piace molto la luce di quel ritratto.
Anch'io sento come Silvia e penso che trasmettere il sapere e il fare come a bottega, facendo insieme, provando e riprovando nel circuito stretto del piccolo gruppo, sia qualcosa che scalda la vita, a lenta e costante cessione nel tempo.
Sai penso che se a scuola ci fossero tanti bravi "maestri", tanti uomini e donne "vive" e meno professori che ripetono parole già confezionate da altri, la scuola andrebbe molto meglio. Chi non ha bisogno di avere un maestro le cui parole "ti scavavano dentro…”.
Maestri "appassionati", che amano passare la loro passione...
Davvero anche io mi sono commossa e con un maestro così forse avrei provato anche io a prendere un pennello in mano che sono negata per la pittura e il disegno. Forse sono negata perchè ho trvato sempre professori e non "maestri".
Molto belli anche i quadri
Grazie
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