Il 27 febbraio 2004, preso da raptus scrittorio, scrissi le seguenti alate parole:
Il campanilismo aiuta ad arrivare a Treviglio.
Difatti l'alto campanile della chiesa di San Martino si comincia a vedere a qualche chilometro di distanza, ed è una cosa ormai rara, mentre un tempo era abituale, perché i campanili li facevano alti non per essere più vicini a Dio, ed in fondo neppure per far sentire meglio il suono delle campane, ma per narcisismo, per campanilismo, appunto.
Poiché proprio lì devo arrivare, sono contento.
Parcheggio in via Mons. A. Portaluppi, che già chiarisce l'habitat: una bella tesi “Monsignori & Stradari” l'hanno certamente già fatta, magari alla Cattolica.
Entro in un bar, e chiedo la strada migliore per arrivare alla chiesa di San Martino. Il campanile, difatti, negli ultimi 500 metri è scomparso dalla vista.
Un vecchio, bianco di pelo ed allegrotto, con bicchiere di vino sul bancone alle 10 di mattina, inizia una concione in lingua locale; già questo è un problema, a cui si aggiunge che per lui San Martino non è una chiesa, ma un albergo, forse ad ore, come deduco dalle strizzate d'occhio.
Il barista è un vero deus ex machina e svela l'arcano della lingua e quello dell'albergo, poi come segno di fiducia, mi dà la chiave (con catenella) della toilette. Commosso, approfitto della opportunità.
Cinque minuti a piedi, e sbuco nella piazzetta a fianco della chiesa. Strano mercato della frutta: tre bancarellone e basta.
Il portone principale della chiesa è chiuso. Non mi scoraggio, e trovo l'ingresso laterale.
Una bella ragazza sta dando lo straccio per terra. Proprio bella, assolutamente candidabile a Miss Sagrestana.
Ma non è la sola: ce ne sono altre due, bellocce pure loro, (anzi belline, niente prepotenza) che svolgono la stessa attività: la chiesa è vasta. Si muovono secondo un disegno armonico forse progettato dal nipote di Mons. A. Portaluppi. Le tre grazie sono extracomunitarie: polacche o lituane o slovacche o quelchelé.
E' una specie di volontariato simbiotico: io ti trovo il posto, ti faccio ottenere il permesso etc tu mi pulisci la chiesa: Cooperativa Veline Cattoliche. Buona idea, 2000 anni di storia rendono sgamati. Chissà, le vocazioni al sacerdozio smetteranno di scendere.
Mi studio il polittico, oggetto delle mie brame, che mi ha spinto al viaggio dalla lontana Monza.
Vado in sacrestia per cercare documentazione: zero via zero. Però ci sono tanti zaini, appoggiati fra gli oggetti liturgici, e comprendo che le veline cattoliche, ben più di tre, lì hanno fatto il loro nido di api operose.
Esco dalla chiesa, e chiedo lumi ad una coppia di vigili. Mi danno tre dritte.
Prima dritta. La libreria delle Paoline. Due suore in borghese. Mi rivolgo a quella che somiglia a Lidia Ravera. Gentile, mi procura un depliant patinato ed una cartolina, poca roba che però non mi fa pagare.
Seconda dritta. La Pro Loco. Un bel cortile storico, uno stanzone confortevole. Cento depliant diversi su un tavolo; nessuno utile al caso mio (cerco immagini del polittico). Però uno dei tre addetti mi dice che l'anno scorso hanno stampato una guida esauriente di Treviglio. Disposto alla spesa, per fortuna prima la sfoglio, la guida. Niente pure lì.
Terza dritta. Il Santuario. La chiesa più famosa di Treviglio non è San Martino, ma il cosiddetto Santuario: c'è l'elmo e la spada del famoso Lautrec, nel '500 coinvolto nel miracolo che è all'origine del Santuario. Quando entro (sono circa le 11 di mattina), trovo la chiesa piena di donne, non abituali vecchine e neppure speranzose pellegrine: facce e cappotti da insegnanti. Il monsignore (che sia mons. A. Portaluppi in persona?), bardato liturgicamente alla grande, con un assistente-scudiero distinto pure lui, quando mi vede entrare smette la funzione nel giro di trenta secondi: sembra che abbia sentito l'odore del maligno.
Un applauso vivace, non clap clap né frenetico, proprio spontaneo, lo saluta.
Poi comincia a parlare una delle donne, con un tono non da collotorto, ma di una religiosità un po' karaoke. Non è un insulto, mi sembra un gruppone tutt'altro che sfigato. Ma anche al Santuario, documentazione sul polittico zero via zero.
Torno nella chiesa di San Martino, e decido, per consolarmi, di fare un colpo di vita: 0,50 Euro per due minuti di grande luce sul polittico. Non male, se uno vuole guardarselo per un'ora deve cacciare 15 Euro. Altro bel business, dopo quello delle extra-comunitarie.
Ma i due minuti che ho trascorso a guardarmi il polittico sono stati di felicità assoluta.
Lo conoscono a Londra e a Parigi, a Treviglio un po' meno.
Al ritorno, sempre a Treviglio, ho incrociato Via Case Operaie. La Lombardia ha questo di bello, che ci si trova di tutto.
P.S. Il brano apparve in un sito che era tanto bravo a nascondersi che non lo trovava nessuno. Il motto "Siamo pochi e irrilevanti" aiutava a tener lontani i curiosi. Solo che qualche mese dopo mi scrisse un gentile cittadino di Treviglio, responsabile di un giornaletto locale. Mi chiese se poteva pubblicarlo. Gli dissi di sì, e credo che dietro ci fossero delle polemichette politiche. Mi è andata bene, non mi è arrivata nessuna querela; se arriva, ormai sono in prescrizione.
Particolare del polittico di Treviglio 1485-1505
8 commenti:
Anche senza stampa meritava la lettura :-)
Me li sono proprio figurati: il vecchietto col bicchiere di vino alle dieci di mattina, le lituane o quelchelè, le professoresse.
Mi sono immaginata molto bene le scene che hai descritto.. Ma mi sai dire come sono le "facce e cappotti da insegnanti"...:)Sai com'è? la mia curiosità si giustica per l'identificazione con i soggetti descritti.
Un caro saluto
Che piacevole racconto. Hai un modo davvero divertente ed originale di scrivere, mi piace. Mai stata a Treviglio, ho scoperto qui da te che si trova in Lombardia, ignoro in che provincia. Veramente sembra che valga un viaggetto; la Lombardia è una regione che conosco pochissimo, sarò stata a Milano due volte di corsa, poi Bergamo, Pavia, e nient'altro. Vedrò di rimediare, ciao.
Lettura piacevolissima che mi ha fatto ricordare un aneddoto che risale ai tempi, pensa un po', delle elementari.
Il nostro prete, Don Ettore, aveva escogitato un metodi formidabile per farci studiare, sempre improntato alla logica, diciamo così, mercantile.
Coloro che recitavano bene le preghiere, con intenzione e senza errori, ricevevano un bollino da applicare su una cartella; ogni 20 bollini si aveva diritto ad una macchinina da ritirare nella stessa cartoleria-libreria in cui compravamo tutti i libri di testo.
La cartella aveva valore trimestrale.
Ora, noi eravamo in 26 alle elementari e nessuno è mai stato interrogato 20 volte a trimestre, per ovvi motivi.
Quindi, macchinette gratis zero, però sapevamo a memoria qualsiasi preghiera.
Un grande, Don Ettore, se non si fosse incapricciato di una signora, sarebbe diventato parroco, senza dubbio.
Ciao :-)
Grazie per le vostre buone parole, che mi hanno confortato: continuerò a scrivere, stateve accuorti!
Alcune picciole osservazioni.
Giulia, eh sì! Esistono facce e cappotti da professoresse.
Come esistono tacchi da professoressa (una mezza via, né a spillo né bassi), autori da professoressa (Pavese sì, Fenoglio no), ristoranti da professoressa (debbono somigliare ad una pizzeria), pizzerie da professoressa (debbono somigliare ad un ristorante), poeti da professoressa (Quasimodo sì, Montale no), calze da professoressa ( non si smagliano, una professoressa non gioca a toh mi si è smagliata la calza, ma a sì, ma, o a ti ho beccato figlio di puttana), adulteri da professoressa (mezza goduria mezzo senso di colpa), film da professoressa (mettete insieme nel frullatore Ultimo tango a Parigi e un film di Sissi a caso), colori da professoressa (tenui, delicati, soprattutto con nomi strani), mariti da professoressa (da martirizzare per gli svarioni grammaticali e sintattici), posti da professoressa (Recanati sì, Monterubbiano no, Urbania sì, Fossombrone no), topless da professoressa (col telo da spiaggia ricoprente, che però si capisce che sotto c'è il topless), parrucchiere da professoressa, pillole da professoressa (piccolissime e coloratissime), voti da professoressa(8-, 7+, 6--, 5 e mezzo) etc etc etc
Per alcuni decenni in Italia le cattedre delle scuole medie inferiori e superiori sono state un monopolio femminile, vuoi che questo non si sia stratificato nelle costumanze? Ebbene sì!
Elena, certamente tutti hanno sentito parlare di Lodi, Crema, Treviglio. Ma quasi nessuno sa due cose:
1. Che sono città di più di 50.000 abitanti.
2. Che sono anche città d'arte, tutte e tre.
In mezzo alle vacche ed ai latticini si annida la bellezza.
Paolo, abbiamo in comune una cosa: che pur essendo laici certe persone-preti ci hanno segnati e li ammiriamo ancora. Perché non c'è verso: oltre ai pretini gné gné e ai pretacci furbacchioni sono esistite anche delle persone straordinarie come cultura, come umorismo (anche) e come empatia soda, non diplomatica. Avercene ancora, ma ho i miei dubbi.
Dario e Barbara, ho l'impressione che vi siate divertiti a leggermi, e mi attizza molto, questa impressione.
saludos
Solimano
Che vero che è: abbiamo bellezze dietro l'angolo che i più ignorano, ma arrivano anche dal giappone per venirle a vedere.
Detto questo, consapevole della stupidità e ignoranza che albergano in me, ci sono un paio di passaggi che sono molto spassosi al contempo delicati, mai sopra le righe. La descrizione delle ragazzine, attraverso i mucchi degli zaini è deliziosa.
Oh, me ne sono reso conto!
Sicuramente qualcuno e qualcuna non ha gradito la mia tirata sulle professoresse. E' come parlar male di Garibaldi, a parte che io delle professoresse non ho per niente parlato male.
Allora faccio due cose.
La prima, dico due frasi sugli ingegneri, che ho sentito e che mi hanno fatto ridere perché a loro modo contengono delle verità (tutte le cose che fanno ridere hanno in sé una verità, mentre le cose seriose sono ricettacolo di menzogne):
"Gli uomini, si dividono in due categorie: quelli che fanno l'amore e quelli che fanno Ingegneria".
"E' raro che un ingegnere sia una testa di c***o, ma se lo è lo è da ingegnere: al 100%".
La seconda, amplierò il mio commento sulle professoresse trasformandolo in una poesia-canzone stile Enzo Jannacci:
"Le professoresse avevano i tacchi né alti né bassi...
Le professoresse si mettevano in topless per nascondersi meglio...
Le professoresse andavano a Lucca, girando alla larga da Pesaro...
Le professoresse gioivano, se afflitte da sensi di colpa...
Le professoresse esitavano nello scegliere fra il tailleur e il maglioncino, fra la sottana a pieghe o la gonna con lo spacchetto laterale di sette centimetri e mezzo..."
etc etc
C'è una cosa che mi dà veramente fastidio nelle professoresse? Una sola: credono di essere il centro del mondo e che gli altri debbano essere tutti professorabili.
saludos y besos alle professoresse
Solimano
P.S. "Le professoresse baciano alla francese, ma solo talvolta..."
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