venerdì 1 maggio 2009

Primo maggio ed emigrati

Giulia


Oggi c'erano anche loro a festeggiare il primo maggio, perchè il primo maggio appartiene a tutti.

Anche se l’attuale maggioranza di governo ha vinto le elezioni promettendo di fermare gli stranieri, promettendo la tolleranza zero, i Cpa e migliaia di espulsioni, i flussi non si fermano e gli sbarchi proseguono senza sosta. Da gennaio ad oggi sono oltre seimila. Il doppio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel 2008 erano sbarcati sulle nostre coste 37 mila stranieri. Quasi il doppio del 2007.
E sono almeno 316 le vittime dell”emigrazione lungo le frontiere europee nel mese di marzo, secondo l’ultimo bollettino mensile rilasciato dall’osservatorio Fortress Europe.

Nonostante governino forze politiche inflessibili e “cattive”: gli stranieri continuano ad arrivare, da est e da sud, con ogni mezzo possibile.
Ogni giorno partono in tanti: uomini, donne e bambini. Quel piccolo pezzo di mare che separa l’Africa dalla Sicilia è un cimitero dove hanno trovato la morte migliaia di persone.
Questa emigrazione è una tragedia senza fine, ma sembra non toccarci più di tanto perchè sono "loro", i "diversi da noi", a morire o a vivere in modo disumano. Noi non conosciamo per loro la commozione.
E' una tragedia che nessuno ci spiega, per cui nessuno lavora davvero: certo che è un problema che va affrontato per noi, ma prima di tutto per loro. Ma i Grandi della Terra non si ritrovano per questo, sono ben altri i loro interessi.
“La politica. Non riesce a difenderci - dice Ilvo Diamanti - ma neppure a spiegarci ciò che avviene. E rinuncia a contrastare le nostre paure. Anzi, complici i media, le enfatizza. Inventa muri e confini che non esistono. Promette di chiudere i nostri mari, di sbarrare le frontiere. Promette di difenderci, a casa nostra, dagli stranieri che si insinuano nei nostri quartieri”.
Ma anche se fosse giusto, non ci riuscirà mai, perché la disperazione scavalca ogni muro ed ogni barriera.

Io ricordo ancora quando a Torino sbarcavano dai treni meridionali con la valigia piena di speranza. Ricordo quelle che si chiamavano le "casermette", case fatiscenti in cui andavano ad abitare e in cui convivevano anche due o tre famiglie in una stanza.
E ricordo il mio senso di vergogna quando, da piccola, mi chiedevano: "Di dov'è tuo padre?" Ed io dovevo rispondere che era meridionale. Eppure mio padre è stato un grande lavoratore, uno degli uomini più onesti che abbia mai conosciuto. Ma ero piccola e quello che percepivo era solo il disprezzo che leggevo negli occhi delle mie compagne di scuola.

Ma la memoria degli italiani è molto corta. La mia però no.

6 commenti:

Solimano ha detto...

Giulia, però le cose cambiano nel tempo, nel male e nel bene.

Nella mia famiglia, nell'immediato dopoguerra, ci furono musi lunhi che durarono mesi, perché mia zia sposava un terùn. Era di Ancona, il terùn!

Molti anni dopo, andai a salutare un grosso cliente friulano perché cambiavo sede di lavoro:
"Dove va?"
"A Parma"
"Laggiù?"
Lo disse tranquillo, non per sfottere, ma era serio.

E adesso, magari, perché succede anche questo, degli immigrati meridionali a Torino saranno fra i più scatenati contro gli immigrati.

C'è una cosa molto positiva: la perdita dell'innocenza. Siamo andati avanti per anni con gli italiani brava gente... e abbiamo scoperto che siamo come gli altri, anzi peggio, perché l'America, con cui ce la prendevamo, non ha celato il problema. Le opportunità, proprio per questo, sono più accessibili che da noi.

Quattro post per il Primo Maggio. Però.
Senza che l'abbia ordinato nessun dottore. C'è del buono, in questo loco, ogni tanto.

grazie Giulia e saludos
Solimano

Gioacchino ha detto...

Ciao, Giulia. La memoria, scrivi, per molti è corta. Ma basterebbe il buon senso, un briciolo di comprensione e di intelligenza, per capire come comportarsi in questa epoca nera, o - se non vogliamo essere di quelli che remano contro - in questa valle di miserie. Tanti altri sperano, come te, come Sabrina nel suo post sul Primo Maggio, che la crisi ci insegni qualcosa, a forza, con l'ottima maestra che è la necessità, che apra gli occhi di qualcuno che li ha avuti chiusi finora dalla "ricchezza". Ma, a parte il pessimismo di cui sopra, vorrei ricordare che la crisi economica per molti è iniziata prima che venisse sbandierata dalla voce dei politici. E la crisi dei valori non è un fatto odierno, e forse non è neppure crisi: è semplicemente il predominio di una mentalità che è sempre esistita, latente nel nostro e in altri Paesi. Qualcosa mi fa pensare che terminata questa parentesi di timori, di dubbi, di appelli alla fratellanza (mi riferisco alle ipocritiche crociate umanitarie che hanno il potere, non si sa come, di mettere tutti contro tutti), le cose riprenderanno a marciare come prima, o peggio. Tanti, qui al Sud, guardando sfilare i lavavetri asiatici, hanno il coraggio di dire: "Ci tolgono il lavoro"! Negli anni in cui ho vissuto al Nord, i motivi di intolleranza che ho sentito pronunciare erano di altro genere, e le misure repressive erano più "chirurgiche" di un semplice litigio al semaforo, come osservo spesso qui. Ci adattiamo a sitiuazioni diverse, è vero, abbiamo questa capacità, ma l'importante è il fine che perseguiamo, non tanto i mezzi che l'economia mondiale ci mette a disposizione.

Medine ha detto...

Nemmeno la mia è corta Giulia, anche se non ricordo un nome nè una data:)
Concordo con Solimano, le cose cambiano e questo muta i ruoli.
Questo dovrebbe aiutare a comprendere invece...
Oggi in piazza c'erano tanti africane e africani coi loro bambini.
Coi loro colori vivaci mi hanno conquistata. Montagne di carne e colori con due occhi grandi come fanali. Una meraviglia.
E tanti barboni.
E tanti cassa integrati.
E tanti giovani, sicuramente molti dei quali precari.
La gente era raccolta a gruppetti, le mamme coi passeggini, i padri a raccontarsi delle cose, i cani a bere nella fontana della piazza che ora è rasoterra.
Io ho percepito qualcosa di diverso. Non so dire cosa, eppure...

sabrinamanca ha detto...

Per fortuna appartengo ad un'isola di emigranti. Una gran fortuna, ripeto.

sabrinamanca ha detto...

Solimano: solo ogni tanto? :)

Gioacchino: se si deve scegliere, meglio ripetere la fandonia de" ci rubano il lavoro" che altre piu' sofisticate come le teorie razziali, ma anche ammettere che sono tutte fandonie non sarebbe male.
Ma siamo uomini, non chiedeteci di più, non è vero?

giulia ha detto...

Sì, hai ragione. I meridionali a Torino sono sicuramente i più duri con gli immigrati, ma devo dire che anche certi piemontesi ce la mettono tutta. "Italiani brava gente" è una affermazione in cui devo dire non ho mai creduto, ma che oggi non ha più ragione di essere detta.
Io, caro Gioachino non credo molto che la crisi ci insegni qualcosa. Almeno nel breve tempo non mi sembra che qui in Italia ci siano segnali di ripresa di una coscienza civile e critica. E sono d'accordo con te nel dire che questo periodo ha fatto solo emergere mentalità e comportamenti solo un po' più contenuti.
Questo, però, non deve farci battere in ritirata, anzi, dobbiamo esserci più di prima.

Questi momenti come dice Sgnapis ci danno però un po' di carica, ci rednono visbili. Siamo forse pochi, una minoranmza ma ci siamo.

Grazie e baci