martedì 7 aprile 2009

Una goccia di sangue

mazapegul

In altri terremoti e in altra età la compassione si sarebbe saldata col desiderio di vedere il mondo (celato per giustificato timore di apparire egoista nello slancio altruista e insensibilmente avido d'esperienza nel momento in cui ogni secondo pensiero ha qualcosa d'indecente) e sarei partito subito per l'area del disastro col primo contingente disponibile di volontari. Rispetto a quei tempi, sono adesso più solido (e meno maniacale, meno letterario; meno giovane, insomma) nella compassione. E d'altra parte quella Protezione Civile di cui si lamentava giustamente l'assenza durante la prima repubblica è ora una macchina efficiente e ben dotata di mezzi e poteri, di personale specializzato e di reti di comunicazione: non c'è più spazio per il volontariato semiorganizzato dagli scout cattolici o dal Partito Comunista. [Non si può purtroppo dire lo stesso dell'edilizia pubblica e privata, che rimane un'industria largamente stracciona, incurante non solo degli opinabili valori estetici, ma anche degli oggettivi e ingegneristici criteri di sicurezza].
M'è rimasta però -come in tutti- la domanda semidormiente in fondo alla coscienza: cosa potrei fare io? come unire il mio umile anello alla 'social catena'? E sia per il rosicchiare della domanda, sia per l'aver orecchiato che c'è bisogno in Abruzzo di sangue fresco per le trasfusioni, sia perché sono in ritardo di nove mesi sulla donazione dovuta, stamattina sono andato all'Avis di Imola per un prelievo del mio moderatamente raro sangue A-.
Arrivato di buonora al centro trasfusionale, ho trovato la sala d'aspetto insolitamente piena di gente; donne e uomini in egual numero, e così giovani e meno giovani. Piena al punto che la donazione, che in genere porta via una mezz'oretta, m'ha inchiodato lì per una mezza mattinata. Credo che molti, come me, fossero donatori ritardatari, risvegliati dalla loro pigrizia dalle tremende notizie che arrivano dall'Abruzzo.
Dove finisca il sangue di oggi non lo so; se all'Ospedale di Imola o -quel che c'è in eccesso- verso le zone terremotate, o -chissà- verso un centro trapianti di un qualsiasi posto d'Italia, o anche fuori d'Italia. [In genere avviene il contrario: l'Italia, ricordava sconsolato Romano Prodi qualche anno fa, non riesce a far fronte al proprio fabbisogno di sangue con le donazioni; e aggiungeva che questo dava l'immagine di tutto ciò che nel nostro paese sa di civilizzazione incompiuta].

E mentre, tornando dal centro trasfusioni, pensavo a cosa può fare un piccolo cittadino per prevenire e far fronte ai terremoti (e alle alluvioni, agli incendi, alle nubi tossiche) mi veniva in mente come il mio sindaco aveva accolto la mia idea di fare un sottopassaggio pedonale economico sfruttando il ponte sul Rio Sabbioso, ben pensato nome per un rigagnolo quasi sempre secco e dal ristretto bacino. "Già, ma c'è la 'piena secolare'." La possibilità, cioè, convenzionalmente e pessimisticamente stimata dai tecnici in un evento ogni cento anni, che in seguito a piogge alluvionali, formandosi magari una diga di sabbia e rami a monte con relativo invaso, e cedendo quella diga d'un botto, un'onda di piena percorra il rio e -arrivata al ponte e al sottopassaggio da me vagheggiato -trovandovi una vecchietta, un invalido o un bambino- li travolga.
La messa in sicurezza dal paese passa attraverso queste piccole cose: il rifiuto di fare cassa a spese della sicurezza; rinunciare a un vano e spendere i soldi per avere la casa antisismica; prendere sul serio le piene secolari dei rii mezzo seccati della nostra collina; non bruciare le stoppie perché è più comodo che portarle alla discarica; vaccinare i figli; ripulire il corso e le sponde dei torrenti da rami e trochi che vi s'accumulano. [E quando avete un attimo di tempo, donate anche un goccio di sangue].

6 commenti:

annarita ha detto...

Concordo in pieno con le tue parole. Riguardo le donazioni di sangue ho letto che hanno già quanto basta perciò cercherò di contribuire in altri modi. Spero che le scosse finiscano e quella terra devastata trovi pace. Annarita.

Solimano ha detto...

Le piccole cose utili e sagge sono le migliori, specie quelle di cui non si accorge nessuno. La prova del nove dei grandi sistemi sono i piccoli dettagli. Ed ha ragione Bernanos, in un libro meraviglioso che oggi nessuno legge, "Diario di un curato di campagna". Il giovane curato si trova in una condizione insoffribile per problemi veri, e il vecchio gli dice: "Fai piccole cose, ti consoleranno". E il riformismo, di cui tanto si parla, cos'è, se non un insieme congruente di piccole cose?
Ma è la stessa distinzione fra piccole cose e grandi cose che è tipica della nostra cultura: mi hanno spiegato al tai chi chuan che il modello dell'uomo taoista è una piramide che si appoggia sulla base, mentre il nostro è una piramide che si appoggia sul vertice.

grazie Màz e saludos
Solimano

Silvia ha detto...

Che bel post Maz:) Io vedo tanta solidarietà in giro, la sento nelle parole della gente, nei fatti, nelle raccolte, nelle donazioni, anche di sangue.

Sull'Unità di oggi c'è una foto di una coppia di giovani avvolti in un piumone, seduti in mezzo a un campo, con davanti sdraito il loro cagnolino. Sono sgomenti, tranne il cane, che coi padroni si sente tranquillo anche in mezzo alla tragedia. Mi ha fatto tanta tenerezza e ho pensato che hanno la giovinezza e una vita si spera lunga e felice per superare questo tragico momento. Poi c'è un'altra immagine, terribile, nella pagina precedente, di un'anziana o forse è un uomo, poco importa. Soccorso, con una coperta in testa. Gli occhi sono un buco vuoto. Un pozzo infinito dove non è più possibile raccogliere nessuna speranza.

Saranno giorni i prossimi, in cui i sorrisi avranno un sapore diverso.

Silvia ha detto...

Solimano
Bisogna ammettere che le culture asiatiche portano una saggezza che noi occidentali ce la scordiamo. Interessante il concetto di piramide capovolta.

sabrinamanca ha detto...

Sono d'accordo con te Solimano, fare piccole cose, piccoli gesti, piccoli passi, e del resto sono tante piccole cose che ne fanno una grande e aspettando di fare qualcosa di grande a volte si sta immobili per una vita intera.

Ho sempre avuto una fissazione per dare il sangue, immagino sia perché per questione di peso e pressione bassa, mi è stato sempre impedito.

Anonimo ha detto...

Io credo fortemente ai piccoli gesti, quelli che debbono accompagnarci nel quotidiano. Ne ho fatta una filosofia di vita ed è un modo efficace per non arrendersi e per sentirsi ancora vivi...
E' comunque qualcosa che aiuta noi e gli altri a vivere e non è poco
Giulia