sabato 11 aprile 2009

Perdite di valore

Roby


Giornate trascorse tra lavoro e tv... Immagini di distruzione, di case sventrate, di cose private svelate dai crolli: un letto intatto, un quadro ancora appeso, un quaderno di scuola, un pupazzo... Mamme senza più figli, mariti senza più mogli, famiglie intere ridotte ad uno, foto di gruppo strappate a metà...
E poi puntualmente, all'interno di ogni telegiornale-portaporta-matrix-studioaperto-ecc., il servizio sullo stato di salute delle opere d'arte colpite, sull'incertezza circa le sorti dei resti di Celestino V (!), sulla perdita del palzzo del '400 o della cattedrale barocca, sulle statue romane sbriciolate nei musei che dovranno essere pazientemente ricomposte.
Scusatemi tutti in anticipo. Forse esagero, forse straparlo, forse l'intervista -sentita ieri sera- ad una coppia che ha perso due figli piccoli mi ha sconvolto; ma ora come ora, malgrado gli studi fatti, la formazione classica, la sensibilità per il bello e l'interesse per il patrimonio culturale, a me -personalmente- dell'antico bassorilievo perduto, della cupola lesionata o della facciata romanica distrutta per sempre non importa un sacrosanto accidente.
Le perdite di valore sono altre: e per quelle non c'è restauro, per quanto ben finanziato.

10 commenti:

Dario ha detto...

Roby comprendo ma non concordo

Ermione ha detto...

Io non comprendo e men che meno concordo, cara Roby: come non pensare che anche le perdita della nostra storia sono ferite profonde e che non si rimarginano? A me, diversamente da te, si è stretto il cuore alla vista di quelle macerie, di quei resti che non potranno mai più essere gli stessi.

Solimano ha detto...

La nostra ansia classificatoria ci porta a confronti improponibili, che presi così, giustificherebbero lo sprezzo per la cultura, anzi la Cultura, così diffuso in un paese che proprio per questo manca di vera umanità, anzi Umanità.
Natura e Cultura sono gemelle, comminano tenendosi per mano, altrimenti saremmo ancora sulle piante a sbranarci fa di noi.
E l'uomo non è al centro dell'universo, anche se pretende di esserlo, basta un piccolo terremoto perché se ne accorga.
So due cose.
Che una piccola guerra fra ominicchi è costata la distruzione della Biblioteca di Alessandria, e ci sono voluti più di mille anni per ristabilire in piccola parte quello che l'Umanità e la Cultura avevano costruito faticosamente.
E sono passati decenni, ma se trovo ancora quel custode che pur sapendo che l'Arno saliva lasciò il Cristo di Cimabue sul pavimento della chiesa, gli corro ancora dietro col forcone.

grazie Roby e saludos
Solimano

giulia ha detto...

Roby cara, anch'io ho pensato alle stese cose a cui hai pensato tu... Di fronte alla perdita dei figli, dei propri cari, di tutto quello che uno ha, non si può, non si riesce a pensare ad altro. La rabbia poi che viene a vedere come sono state costruite le case,l'indignazione che senti dentro di te che in un paese che si sa da sempre sismico non si sia fatto niente, è tanta, troppa.
Ma, se le persone hanno una priorità, anche gli oggetti d'arte fanno parte di noi, del nostro patrimonio e in questo paese non si fa molto per presevare nenche queste bellezze che sono davvero "patrimonio dell'umanità"...
Un abbraccio
Giulia

Silvia ha detto...

Roby cara, un abbraccio di simpatia e di affetto. Comprendo l'emozione.
Tuttavia posso assicurarti che la perdita di un congiunto,o addirittura di un figlio, per quanto insopportabile non azzera e non annulla l'ulteriore perdita di un patrimonio culturale e anche personale che accompagna la vita di un individuo.
Ho sentito un signore dire l'altra sera: sono sconvolto perchè è crollata la chiesa in piazza. Tutti ci trovavamo qui, mi sembra impossibile che non esista più niente.
Perdere la chiesa, monumento, castello, un bene collettivo insomma è una perdita ulteriore e altrettanto grave perchè anche questa non più ripristinabile, non più come prima. E fa parte della storia di tutti.
Ognuno col suo enorme dolore, dentro ad uno smembramento riconoscibile e dondivisibile da tutti. Tragedia sommata alla tragedia.
Quando queste madri e padri avranno la forza di alzare la testa dalla tomba del figlio/a, un altro paesaggio e un altro scenario starà lì a raccontare ogni giorno ciò che è successo.
Terribile.


p.s. tempo fa, quando ancora giravo per l'italia, avevo proprio puntato il dito su L'Aquila perchè ne lessi un articolo bellissimo corredato da immagini suggestive legate al centro storico e al Castello. Poi successe quel che successe e da allora non giro più. Ho perso il treno.

Amfortas ha detto...

Io sono d'accordo con te, in linea generale, ma si tratta di una sensazione transitoria sai?
Qui vicino, in Friuli, la comunità si è ricompattata anche grazie ai monumenti rimasti in piedi o ricostruiti.
Però capisco benissimo il tuo sfogo.
Ciao.

mazapegul ha detto...

Cara Roby, ho appena letto un intenso libro di memorie di Gunter Grass. Nella Danzica (Gdansk, Danzig) in macerie del primo dopoguerra, etnicamente ripulita dai nazisti, spianata dalle bombe, conquistata con violenza (anche nel senso dello stupro di massa) dall'Armata Rossa, una delle preoccupazioni delle autorità provvisorie del '45 fu quella di fotografare tutti i frammenti di pietra e mattone che dagli edifici sventrati venivano spostate in magazzino; per poter poi ricostruire case e chise così com'erano state prima della guerra. Mi ha fatto venire in mente quello che leggevo sui matematici di Varsavia nello stesso periodo (decimati anche dalla strage degli ufficiali polacchi da parte dei sovietici, da Aushwitz e dall'emigrazione): la mattina facevano matematica tra le macerie, nel pomeriggio lavoravano come muratori per ricostruire il dipartimento.
Chissà se io riuscirei a fare altrettanto; spero di sì. Se non io, spero che ci riescano altri più forti.
Lo stesso Gunter, uscendo dalle macerie della Wermacht (e delle SS), intraprese il suo personale apprendistato alla nuova vita lavorando da scalpellino, scrivendo poesie su fogli di carta volanti e ballando tutte le sere che poteva.
Buona Pasqua,
Maz

Roby ha detto...

Lo sapevo che vi avrei "scatenato".

Dici bene, Amfortas: è una "sensazione transitoria". Quindi passerà.

Ma -almeno per me- ci vorrà un bel po'.

Roby

PS: Solimano carissimo, come ben sai ho conosciuto custodi di museo che dormivano dietro il giornale, mentre i figli dei turisti davano la scalata alle statue e grattavano con l'unghia sugli affreschi. La sola cosa importante era arrivare il più presto possibile all'ora della chiusura...
...che l'Arno stia per straripare o meno, per loro, è una questione marginale... [:-/]

Barbara Cerquetti ha detto...

Io, cara Roby, comprendo e concordo.

Capisco tutti i discorsi sul valore delle opere d'arte, ma anche in tempi non drammatici nutro una forte antipatia per gli alti papaveri che si riempiono la bocca con la parola "arte" e poi lasciano marcire il nostro patrimonio storico nell'incuria e nei vari dimenticatoi.
Avrei diversi aneddoti da raccontare in materia, ma forse sarebbe meglio dedicargli uno o due post.
Il dolore per un caro che non c'è più non si può comparare a nulla, secondo me.

Solimano ha detto...

Che poi mi è venuto in mente un motivo per cui Roby, a suo modo, ha perfettamente ragione. E' una scoperta che ha fatto il signor Maslow, ma mi serve un post per raccontarlo.

grazie e saludos
Solimano
P.S. Roby, a proposito di custodi come minimo malaccorti, ne successe una alla Pinacoteca di Brera, mentre la tiramentosa sovrintendente faceva una lunga vacanza culturale, anzi culturalissima, nel Tibet, che c'entra con Brera come i cavoli a merenda. I custodi regolarono i getti d'aria dei condizionatori al massimo livello e proprio verso alcuni mirabili polittici fondo oro del Trecento, che si incrostarono e le croste si sollevarono... Risparmio ulteriori dettagli...