giovedì 19 marzo 2009

Imparare a comunicare

Giulia

Ho incontrato nella mia vita troppe persone che dietro un’apparente convivialità nascondono il gelo della solitudine, quella solitudine che è vuoto, smarrimento, angoscia; l’angoscia di chi si trova davanti ad un’indifferenza ripetuta, di chi, vivendo tra gli altri, cercando comprensione ha incontrato solo delusione e amarezza. Li ho visti nascondere i propri sentimenti, in un certo senso archiviarli.
In tutti noi c’è qualcosa di incomunicabile, di indicibile. In tutti noi c’è, però anche, il desiderio di “mettere in comune” per condividere e trovare momenti di confronto.
Troppo spesso ci si sente, invece, come in un labirinto senza via d’uscita, intrappolati in una dimensione di cui non si conosce lo sbocco, soli senza qualcuno con cui cercare la strada.
E’ in quei momento che ti aspetti una mano tesa verso cui andare, una mente aperta in cui i tuoi pensieri possano trovare dimora e ascolto.
C’è un senso di solitudine che fa perdere il contatto con gli altri, con il mondo, con noi stessi. E’ l’incapacità di comunicare: proprio quando ne sentiremmo il bisogno, le parole e i pensieri si dissolvono alla presenza dell’altro.
In queste stanze percepisco persone che sentono il piacere di condividere, che pian piano cercano di capire chi c’è dietro a chi scrive, che sentono il desiderio di un incontro e di sentirsi in un certo senso sulla stessa barca e imparare a remare insieme. E’ un processo lento graduale, ma costante. E’ la sensazione che provo è davvero molto bella.

Fotografia dal film "La felicità porta fortuna"

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie:) Dopo una giornata infernale ci voleva proprio una nota positiva.

Anonimo ha detto...

Il mio collega l'ha descritta strana e insopportabile.
Ci penso io ho detto, ha da poco subito un lutto. Ci penso io.
Era triste. Molto. La capisco.
Ho sbrigato le pratiche, ho cercato di non perdere inutile tempo, lei aveva molta fretta. Ho fatto del mio meglio, siamo state nei tempi. Alla fine, con un filo di voce ho detto, mi dispiace. Ha infilato gli occhiali neri, mi ha sorriso con un sorriso grande così ed è scappata piangendo. Anche io mi sono commossa. Ci siamo capite.
A volte basta davvero poco.

Ermione ha detto...

Non so come...amo leggere queste parole sempre così "umane" di Giulia. io soffro proprio di tutte quelle cose di cui tu parli, Giulia, ed il grave è che nessuno lo immagina, vedendomi. Quello che mi devasta è l'ansia del vivere, la sensazione di esser sola e non compresa, il senso assoluto di solitudine. La gente non lo capisce, mi vede sulla moto, col mio casco d'argento, rido e sorrido, cerco di essere lieve...ma poi lo so, come sono. Giulia, sei davvero acuta e fine, mi piaci.
Che commento del cavolo.

Roby ha detto...

I cavoli possono essere ottimi: dipende da come li si prepara.

[;->>>]

Complimenti a Giulia per il post, ad Arfasatto per come ha "cucinato" il commento, a Silvia per il "ritratto di signora" disegnato con pochi tratti di mouse....

Roby

Anonimo ha detto...

Davvero un ritratto eccellente cara Silvia, e la nota positiva siete tutti voi.

Arfasatto, hai ragione. La gente non capisce, non vuole capire il disagio, scappa da tutto ciò che può sembrare un problema, ma credimi prima di tutto scappa da se stesso. E per questo finiamo coll'essere un po' tutti soli. Non è un commento del cavolo, è un sincero sfogo e speriamo di poterci sfogare ogni tanto, di dire quello che siamo e ci sentiamo. Grazie per averlo fatto. Lo prendo come un atto di fiducia e ne sono onorata.

Grazie Roby
Un abbraccio a tutte
Giulia

Solimano ha detto...

Beh, bisogna anche saper stare da soli. Per scelta, non per necessità e non di rado. Ci sono delle persone che non ce la fanno proprio a stare da soli, hanno sempre bisogno di compagnia. Con chi, non ha importanza, basta che ci sia qualcuno. E finiscono per fare discorsi che io chiamo di insalatine e battiscopa.
Parlando della rete, ho l'impressione che ci sia più bisogno di struttura. Che però non vuol dire un sistema di cassetine che sono microstrutture, briciole di struttura. Vorrei una rete liquida, permeabile, osmotica, non una rete gassosa e neppure una rete solida. Un alto grado di libertà personale che apparentemente è facile ma non è così, perché ci si trova ristretti proprio negli edifici che si sono costruiti. Facebook, per una certa tipologia di persone (di cui non faccio parte) può essere una buona soluzione, ma rimane il problema/opportunità delle interconnessioni e delle retroazioni. E' una metafora del nostro cervello in cui al posto delle singole cellule non ci sono i link ma le persone. Qualcuno diceva che link is the key, ma io credo nella tecnologia, non nelle scorciatoie tecnologiche. E' bello poter leggere una pagina con parole e immagini e uno o due link al massimo, e ci si stanca di meno. Un discorso che riprenderò, successe tale e quale con le prime lavagne luminose: tutti si svegliarono oratori... e nessuno ascoltava!

grazie Giulia e saludos
Solimano

annarita ha detto...

Hai spiegato perfettamente una situazione molto comune. Tutti, o più o meno, abbiamo sperimentato la devastante sensazione di essere incompresi per le nostre manchevolezze o imperfezioni. Il brutto è avere che fare con chi si sente incompreso per la propria grandezza o superiorità. Lì sì che son dolori, nella vita, nel lavoro, in società. La possibilità di comunicare crolla miseramente e non c'è verso di rimetterla in piedi. Sei sempre profonda e pacata nei tuoi interventi, un abbraccio. Annarita.