mercoledì 11 febbraio 2009

Italia-Francia: aggiornamenti (III)

sabrinamanca


Vous avez un petit accent. Questa frase me la sento ripetere da tre anni circa, da quando ho cominciato, cioè, tra un balbettìo e l'altro, a parlare francese.
All'inizio però mi irritava oltre ogni dire. E allora? mi dicevo, e se ho un accento che problema c'è? e poi che significa, un accento? un accento di che? quale accento?
Il fatto è che in Italia a parlare senza accento sono solo coloro che hanno frequentato dei corsi di dizione, gli altri, chi più chi meno, hanno tutti l'accento del luogo dove vivono.
In Italia abbiamo centinaia di accenti differenti, quelli regionali certo, ma anche quelli delle sub-regioni e perfino dei paesi o delle città.
In Francia non è così. Il francese parlato da buona parte del paese non ha inflessioni particolari, mentre ci sono una decina di regioni che si differenziano per l'accento: quelle del sud (Est e Ovest), di Alsazia e Lorena, del Nord, della Picardia, della Borgogna, della Normandia, di Lione, della Savoia.
Ci sono poi, soprattutto, in una metropoli come Parigi, tanti stranieri, e così chiedere dell'accento significa anche informarsi sulle origini della persona.
Un'altra domanda, che segue spesso quella sull'accento è infatti: vous êtes de quelle origine? Che significa soltanto, da quale luogo proviene?
All'inizio rispondevo che non ero italiana di origini ma proprio italiana, ora mi sono arresa a questa ennesima espressione ambigua, o piuttosto facente parte di quei famosi "falsi amici" che in una lingua significano una cosa e nell'altra, una diversa.
L'accento però, me lo tengo!

6 commenti:

Solimano ha detto...

Il nostro accento c'è eccome, solo che noi non ce ne accorgiamo. A me piaceva leggere le poesie ad alta voce -lo faccio ancora- e una volta presi il registratore per risentirmi dopo... e trovai la voce di uno che leggeva L'infinito del Leopardi con un fortissimo accento parmigiano, in particolare la erre ma non solo. Sembrava che lo facessi apposta per far ridere.
Ma su questi temi (accenti, voci, aspetti) la cosa importante la imparai da una ragazza indonesiana che faceva l'università a Bologna. Le chiesi quale fosse stata la difficoltà maggiore per ambientarsi e mi disse: "Distinguervi l'uno dall'altro. Come facce, sembrate tutti eguali." Esattamente come noi con loro.

grazie Sabrina e saludos
Solimano
P.S. L'accento parmigiano ce l'ho ancora, sebbene viva da più di vent'anni a Monza.

Anonimo ha detto...

Ecco questa cosa per cui sembriamo tutti uguali noi italiani, mi pare assai curiosa. E' così evidente che siamo una misticanza di razze che ritengo la fanciulla un tantino distratta. Anche come colori siamo molto differenti noi italiani, rispetto a loro per esempio che non hanno la stessa varietà. O sbaglio?

Mi manca tutta la parte sud occidentale della Francia. Partirei anche adesso:)

annarita ha detto...

Quello dell'accento è un tasto dolente. O meglio, era in gioventù. Appena arrivata da Vigevano, spaurita quattordicenne, a scuola non potevo aprire bocca senza che tutti mi guardassero. Arrossivo fino alle orecchie. Adesso ho un bel po' di anni in più, si sente ancora il mio accento, ma continuano a sbagliarsi. Mi chiedono se sono veneta, addirittura sarda, facendo di ogni erba un fascio, e io ribadisco la mia origine viginona per puro puntiglio. Da un po' di tempo a questa parte, però, sono costretta a vergognarmi per altri motivi e darei volentieri un pugno sul naso a chi mi guarda sornione e poi dice: Ah, ma allora sei leghista! Sì, buonanotte! Tutti i siciliani mafiosi e tutti i napoletani camorristi, e vai con il luogo comune...
Salutissimi, Annarita

Anonimo ha detto...

Per me il problema è quello che pone Annarita. In questo momento vorrei che non riconoscessero il mio accento italiano, ma so che è un po' vigliaccheria. Bisogna far vedere che ci sono italiani diversi: non leghisti, non mafiosi, non seguagi di B....
Ma tanto il problema non si pone perchè io ho difficoltà con qualsiasi lingua straniera.
Però io prendo molto l'accento delle persone con cui sono a contatto di più. Quando giocavo a pallacanesto, quasi tutte le mie compagne di squadra ero venete e così per tutti gli altri lo sono diventata anch'io...

Barbara Cerquetti ha detto...

Altro che accento!
Qui da me è il dialetto a fare da padrone.
Ma devo ammettere che non mi dispiace, tra amici e parenti crea un senso di familiarità e vicinanza.
Mi rendo conto che a sentirci da fuori sembriamo un esercito di Nino Manfredi in "Straziami ma di baci saziami", ma che volete farci? Ad ognuno il suo.
L'importante è che quando serve si sappia parlare anche in italiano ;-)

Solimano ha detto...

Silvia, eh no, l'indonesiana non era distratta! Hai presente se ci trovassimo in un milieu fatto di cinesi, o di coreani, o di giapponesi o di indonesiani? Faremmo fatica a distinguerli l'uno dall'altro ed a riconoscerli, proprio come succedeva a qull'indonesiana (pure caruccia) con noi. Mentre a loro, fra di loro, non succede, come non succede a noi, fra di noi. Un bell'inghippo, una volta che se ne prende coscienza.
Annarita, tu sei una persona ma sei anche una nemesi storica. Ricordo come fosse oggi un famoso articolo di Giorgio Bocca su Il Giorno degli anni d'oro. Cominciava così: "Non l'avrei mai creduto: Vigevano, sessantamila abitanti, neppure una libreria". E tu leggi 58 (conquantotto) libri all'anno...
Barbara, ah, gli accenti marchigiani. Per motivi diversi conosco bene Pesaro, Ancona e Ascoli Piceno (un po' anche la provincia di Macerata). Bene nel senso che con le persone ho parlato spesso. Passare da Cattolica a Gabicce è come attraversare un confine: romagnoli e marchigiani sono diversissimi così gli accenti e recupero l'immortale dialogo fra Marisa (Pamela Tiffin) e Marino (Nino Manfredi) dopo aver ascoltato la canzone L'immensità, testo di Mogol. Il film è Straziami ma di baxi saziami. C'entra poco, ma le Marche, le Marche! Per fortuna molti non ci vanno, così si può girarle in pace, a differenza della Toscana. Ecco il testo:

Marisa: "Nun me convince pe' niente. Il nostro amore è lui l'immenzidà. Nullidà semmai, scusa, sarà tutto il resto".
Marino: "In che senso che non esiste altro all'infuori di esso, cioè del nostro amore? Può darsi, del resto è un congetto espresso anche nella canzone "C'è una casa bianga che.." Spetta che te la leggo."


saludos
Solimano