martedì 10 febbraio 2009

Alla ricerca dell'arte perduta (12)

Solimano

Bernardino da Siena (1380-1444) fu canonizzato a tambur battente: nel 1450 era già Santo. A Perugia fu festa grande, perché Bernardino aveva predicato nella città sia nel 1425 che nel 1427. Predicava nelle piazze, tanto grande era l'afflusso delle persone e nel Museo dell'Opera del Duomo di Siena c'è un curioso quadro di Sano di Pietro che rappresenta una predica di Bernardino nella Piazza del Campo di Siena. Il quadro (162 x 102 cm) è del 1445. Si vede bene come la gente si disponesse come voleva Bernardino: gli uomini da una parte, le donne dall'altra e in mezzo un tendaggio, perché non si balestrassero con gli occhi, diceva proprio così.
Torniamo a Perugia. Il generale dell'Ordine dei francescani decise di far costruire un oratorio dedicato a San Bernardino. In brevissimo tempo fu costruita un'aula gotica a tre campate col tetto a capanna.
Ma non finì lì: nel 1457 i francescani affidarono l'incarico della decorazione della facciata ad Agostino di Duccio, uno scultore che aveva appena decorato un'altra chiesa francescana, la chiesa di Rimini che oggi chiamiamo Tempio Malatestiano. Nel 1461 la facciata dell'oratorio di San Bernardino era praticamente finita ed è ancor oggi considerata una meraviglia del Rinascimento.
Agostino di Duccio (1418-1481) era fiorentino, ma operò quasi sempre fuori Firenze. Si era arruolato a quindici anni come soldato di ventura al seguito di Giovanni da Tolentino, poi fu allievo di Donatello ma ebbe un singolare incidente di percorso: fu messo al bando per un furto d'argento nella chiesa fiorentina della Santissima Annunziata, difatti già nel 1447 era a Venezia. I suoi capolavori sono a Rimini ed a Perugia. Un'artista molto personale, è facile riconoscere il suo ammirevole linearismo decorativo, la sua leggerezza.
Nella facciata dell'oratorio di San Bernardino, sotto la lunetta con la statua del Santo e sopra la porta d'ingresso, eseguì una predella in bassorilievo con episodi della vita di San Bernardino, fra cui, molto in vista, c'è un episodio che si svolge proprio a Perugia: il Santo, per superare gli odi di parte, convince i perugini a fare un bel falò, in cui bruciare elmi, spade, scudi, lance, anche scritti. Si vede il diavolo che se ne va, viene scacciato proprio dal falò. Gli uomini, le donne e i bambini sono tutti contenti.
Non fu un caso eccezionale, il falò con la predica ci stava proprio a pennello. Li chiamavano falò delle vanità e quasi tutti i predicatori seguivano l'onda. Cosa si bruciava? Vanità, cioè qualsiasi oggetto considerato indecente o pericoloso: specchi, cosmetici, vestiti di lusso, strumenti musicali, libri, manoscritti, dipinti. Tutto questo ben prima dei due falò delle vanità organizzati dal Savonarola nel 1497. Sembra che in uno di questi il Botticelli mettesse con le sue mani nel falò alcuni suoi dipinti mitologici.
Giovanni da Capistrano, Vincenzo Ferreri, Bernardino da Siena, Bernardino da Feltre così facevano. Bisognava scacciare i mercanti dal tempio... a volte sarebbe stato meglio scacciare i predicatori. Meglio merce buona che parole avariate.
A destra inserisco la figura della Filosofia che fece Agostino di Duccio a Rimini, profittando del milieu paganeggiante di Sigismondo Malatesta. In chiusura del post, due particolari del bassorilievo di Perugia. Grandezza dell'arte: persino un episodio di distruzione artistica diventa arte. Questo facevano i cattolici. E quando ci furono i protestanti? Fecero peggio, molto peggio...



7 commenti:

Anonimo ha detto...

La figura del predicatore è molto presente nell'opera lirica, con le varianti di uomo saggio nelle sue accezioni più disparate.
Non sempre è un uom di Dio come nella Lucia di Lammermoor Raimondo, ad esempio, ma può essere l'eremita Pagano come nei Lombardi di Verdi.
Insomma, ci sarebbero da portare mille esempi.
Quindi, tanto per far quadrare il cerchio di questo mio sapido commento, direi che se i predicatori sono sempre esistiti e molti artisti li hanno ritratti, donando loro, in qualche modo, l'Immortalità.
Noi poveri disgraziati invece, di cui nessuno mai si ricorderà a meno che non lasciamo qualche debito in giro, abbiamo solo i Jethro Tull che ci hanno difeso, che sostengono che your wise men don't know how it feels to be thick as a brick..
Ciao.

Anonimo ha detto...

Italiano ciangottante, ma credo si capisca.

Solimano ha detto...

Il predicatore nel cinema viene spesso sfottuto, come il monaco Zenone (Enrico Maria Salerno) nell'Armata Brancaleone, che si imbatte nel cavalcone che non gli dà retta. Anche Nicola (Stefano Satta Flores) in C'eravamo tanto amati è un cinefilo predicatore, difatti Antonio (Nino Manfredi) con lui litiga sempre perché, pur sbagliandole tutte, gli fa la predica addosso.
Un predicatore di tipo simpatico è il primo Nanni Moretti, coè Michele Apicella in Ecce bombo e Sogni d'oro. In letteratura c'è il grillo parlante di Pinocchio ed uno divertentissimo: Micawber nel Copperfied di Dickens (un personaggio come Micawber vale da solo la lettura del Copperfield).
Il problema drammatico è che generalmente i predicatori sono totalmente privi di senso dell'umorismo, si prendono troppo sul serio, combinano guai... e finiscono come Savonarola o Ceausescu. Ma se trovi uno che sa le cose e sa veramente parlare è una bellezza. Non apprezzo particolarmente Pasolini né come scrittore né come regista, ma le due ore che lo ascoltai a Bologna non persi una sillaba di quello che diceva. Due di oggi che dal vivo sono efficacissimi sono Massimo Cacciari e Umberto Galimberti, consiglio a tutti di andarli ad ascoltare in qualche conferenza, che se la giocano in un'ora e più, non con i tre minuti della TV. Fra i politici, quando ha l'argomento giusto, molto brava è Rosy Bindi. E Marco Travaglio.

grazie Amfortas e saludos
Solimano
P.S. Però il predicatore che preferisco è nell'opera lirica: Dulcamara.

annarita ha detto...

Sono sempre stata allergica ai predicatori, ma qui mi vien voglia di ricordare (per restare in un ambito caro a Solimano) la fascinosa ambiguità di Harry Powell con le fatidiche parole HATE e LOVE sulle nocche delle dita. Forte interpretazione di Robert Mitchum e intenso, sottovalutato film di un altrettanto sottovalutato Charles Laughton in veste di regista.
Salutissimi, Annarita.

Solimano ha detto...

Ah, sì Annarita, un grande film, e il meccanismo del predicatore che è partito per la tangente della criminalità c'è tutto. Un film terrorizzante, e sì che in genere io ai fim terrorizzanti rido, ma a questo no. Ho comprato il DVD pochi giorni fa.

saludos
Solimano

mazapegul ha detto...

Mannaggia, Solimano: la scorsa primavera ero a Perugia per lavoro e questo post mi avrebbe fatto comodo. Speriamo di tornarci presto...

Sulla questione cristiana, è vero ciò che dici, ma c'è pure ciò che ometti. Anni fa uscì un libro su Carlo Borromeo, scritto tra l'altro da un mio conoscente. Vi si rappresenta la Milano della Controriforma come un laboratorio totalitario. Ciò che certamente era.
L'anno scorso sentii Dario Fo parlare dello stesso santo, e della stessa Milano, ma da un'angolatura del tutto diversa. Fo parlava dei cardinali Borromeo intenti a difendere i deboli dalle angherie dei forti, a sfamare gli affamati (il Seicento fu epoca di carestie tremende in tutta Europa, a causa delle guerre -di religione- e non solo).
Due punti di vista ispirati dal presente, indubbiamente, ma onestamente storici; documentati con pignoleria e competenza. Opposti tra loro, per quanto entrambi progressisti.
Ciò rende a un stesso tempo la complessità del passato, e quella del presente.
Ciao, Maz
PS Volevo fare una serie "4 passi nel PD". Dopo il passo n.1 mi sono depresso, e ho deciso di soprassedere. Avevo notato come l'impegno a fare una serie deprimente m'impedisse di scrivere alcunché. Meglio gli inteventi espemporanei, per il momento.

Solimano ha detto...

Màz, ci contavo, sulla tua serie sul Partito Democratico, ma è l'argomento stesso ad essere deprimente... Meglio che fai l'estemporaneo, ti diverti di più tu e ci divertiamo di più noi, ma personalmente sono curioso, ironico, pessimista ma non maligno: vorrei che il PD andasse bene ma non credo che succederà.

Sul Seicento con me sfondi una porta aperta, a Bologna oltre il 10% dell'economia girava intorno alle elemosine, c'era un impegno diffuso, anche a cavallo della peste del 1628-30. Contrasti vivissimi. La differenza con oggi è che quelli ci credevano, facendo errori e delitti, ma ci credevano.
Secondo me oggi il problema non sono i laici miscredenti, sono loro che non credono più (perché tante cose non sono passate invano) e non sanno letteralmente che fare, se non aggrapparsi agli argomenti di passaggio (vedi caso Eluana) e chiedere soldi a Berlusconi, che li dà volentieri.
E' l'amoralità dei credenti che spaventa. Guarda che io, laico, farei il tifo per loro, se esistessero ancora i grandi credenti che ho conosciuto.

saludos
Solimano