sabato 27 dicembre 2008

Yoga

Solimano

Con Alberico, il maestro di yoga, non ero in ottimi rapporti, sia perché sono un bastiancontrario, sia perché qualche libro sullo yoga l'avevo letto e lui con me poteva pontificare di meno. Soprattutto, non andavo quasi mai in trance, mentre intorno a me, distesi sul pavimento della palestra, praticamente tutti ci andavano, specie le donne. Mi aveva affibbiato un nome strano, Ursanabi, e me lo godevo, dopo aver imparato chi era 'sto Ursanabi.
Ma ogni tanto Alberico diceva cose importanti: rizzavo le orecchie e me le ricordo come se le avesse dette ieri. La prima fu sul meccanismo dell'ira: quand'è che uno si adira, se la prende? La risposta più semplice è: quando viene offeso, ma non è esattamente così, ci possono essere delle tentate offese di fronte a cui ci viene da ridere, altro che prendersela. Ci si adira quando l'altro, magari del tutto inconsapevolmente, tocca un nervo scoperto in noi, qualcosa di irrisolto. Beh, era proprio così, standoci attenti. Non è che non mi adiro più: mi adiro e poi rifletto. Alzo la pietra e vedo i vermi che ci stanno sotto. Quanti vermi!
Un'altra cosa fu sulla riconoscenza, e tutti, ah sì, facciamo qualcosa per qualcuno, e invece di provare riconoscenza quello si vendica come se gli avessimo fatto del male invece che del bene. Il ragionamento di Alberico fu: nessun debitore ama il creditore, sia nei soldi che nei rapporti. Ma allora come se ne esce? Smettiamo di fare del bene? No, il debitore non si sente in debito se avverte che voi lo fate non per sacrificio ma per piacere, allora il bene funziona!
E aggiunse un compito per tutti: durante questa settimana fate ogni giorno un atto certamente buono, positivo, utile, ma fatelo in modo che non lo sappia mai nessuno: vedrete come vi sentirete dentro! Ce ne sono di atti del genere, quanti se ne vuole, ma di primo acchito non ci vengono in mente, perché la pubblicità è l'anima del commercio, anche nel bene. Fatto sta che funzionava pure questa.
Pian piano mi accorsi che Alberico, quel rompiglione di Alberico, ci stava portando a ragionare sul tat twam asi, quello sei tu, che è lontanissimo dal modo di pensare di noi occidentali. Al massimo diciamo ama il tuo prossimo come te stesso. Ma il tuo prossimo sei tu. Una roba non semplice, apparentemente intorcinata, ma si sa, l'India è misteriosa, che farci?

Ursanabi

20 commenti:

Anonimo ha detto...

Questo tuo amico. secondo me, ha detto delle cose su cui riflettere anche se devo dire io non non sono mai riuscita a trovarmi in sintonia con lo yoga anche se ci ho provato e ho sperato anche di riuscirci, ma tant'è, Sulle cose che ha detto però mi ritrovo abbastanza d'accordo...
Saluti, Emilia

Roby ha detto...

Solimano, sto pensando inutilmente da mezz'ora a quale potrebbe essere un atto positivo ma IGNOTO al pubblico da compiere quotidianamente... E sì che pensavo d'essere così BUONA!!!! Un aiutino da Ursanabi sarebbe possibile?

Namastè

Roby

Anonimo ha detto...

Mi hanno parlato tutti bene dello yoga. Mi sento lontana anni luce.
Non mi nasce nemmeno il desiderio di fare una prova. Eppure dovrei imparare le tecniche di respiro e concentrazione, per rilassarmi un pò.
Intanto faccio un ciclo di massaggi.

Giuliano ha detto...

Messaggio per Florentina Jones: sono caratteri cuneiformi.

Roby ha detto...

Dear Julian, Florentina Jones sta appunto ri-leggendo "Civiltà al sole" di Ceram, ed è arrivata giusto al capitolo del cuneiforme... Per ora, tuttavia, è in grado di dirti soltanto che il tratto obliquo serve a separare le parole!

R.

Giuliano ha detto...

Cara Roby, non ho mai studiato lingue antiche... Però tanti anni fa avevo ascoltato per radio il prof. Giovanni Pettinato che parlava di queste cose.
Non sono sicuro di ricordare bene, ma nell'immagine ci sono tre persone che dovrebbero essere:
- Utanapishtim, il Noè dei Sumeri (sullo sfondo)
- Gilgamesh, in piedi sulla barca;
- Ur-shanabi, il battelliere.
Però mi accorgo che è tanto tempo che non penso a queste cose, potrei sbagliarmi: vediamo cosa dice Solimano che li ha evocati.
Ricordo bene che Gilgamesh va in cerca del segreto dell'immortalità: lui è semidivino e non ha questi problemi, ma il suo amico è morto e lui davanti alla morte è straziato, come accadrà a Siddharta anni dopo.

Solimano ha detto...

Ho praticato yoga per due anni, due sere alla settimana, qualcosa ho imparato, ma evidentemente solo in superficie. Lo yoga è anche una specie di ginnastica, ma in sostanza, dicendolo con parole mie inappropriate, è una esperienza unitiva di corpo e spirito, usando i grossolani termini nostri. Ogni tanto si intuiva dove si poteva andare e dove si poteva arrivare, ma per costruire un vero yoghin in India un maestro ci mette vent'anni. Riescono ad accelerare e a rallentare il battito cardiaco, Alberico, pur essendo un occidentale ci riusciva correntemente. E tante altre cose. E' impressionante nelle varie posture (asana) l'attenzione al mondo degli animali. Una esperienza di bellezza e di armonia all'inizio faticosa, poi si riesce ad assumere posture che prima non ci si sarebbe mai creduto.
Una civiltà da cui deriva la nostra (molte parole greche derivano dal sanscrito) in cui comandavano i brahman (sacerdoti, con parola nostra ma è più complesso) e gli ksatrya (guerrieri) erano al secondo posto, quindi molto colta, complessa e profonda. La metafisica indica è quasi incomprensibile, nel senso che capisci che non ti stanno prendendo in giro, intuisci qualcosa, un filo che collega, ma non riesci ad andare avanti perché, oltretutto, ci sono quelle parole-concetto praticamente intraducibili. Se prendete due edizioni della Baghavad Gita, vi parranno due libri diversi. L'unico occidentale che mi ha dato una impressione a pari livello come altezza e complessità è Meister Eckart nei suoi Sermoni Tedeschi, affascinante, ma leggendo il quale si avverte che se ne capisce solo un decimo. Però, se se ne leggono tre pagine, lo si lascia scoraggiati dicendosi "Non ho capito niente", però dentro ci si sente benissimo.

Giuliano ha ragione, i personaggi sono quelli, Ursanabi è il nocchiero.

Roby, metti a posto un cassetto di tua figlia o di tuo marito... mi raccomando, senza fartene accorgere. Ma ce ne sono, di cose da fare senza che nessuno lo sappia, vedrai.

Giulia e Silvia, il consiglio è di provarci, imparare alcuni asana e farli poi sulla spiaggia o su un prato fra l'ammirata invidia dei passanti... restiamo sempre occidentali anche in questo!
Poi leggetevi i post di Giuliano sul Mahabharata su Abbracci e pop corn.

grazie e saludos
Solimano

mazapegul ha detto...

Fare qualcosa di buono senza che lo si sappia in giro è remare contro un certo modo narcisistico d'essere-tra-gli-altri. Narcisistico, quindi anche potenzialmente doloroso (per sé, non solo per gli altri). Ma si tratta di un narcisismo di cui è difficile liberarsi. (Come fare un calcolo senza pensare all'articolo che si vorrebbe trarre da quel calcolo: se ci si riesce, il calcolo viene meglio; ma pensare all'articolo viene naturale. O scrivere su un blog senza pensare che un talent-scout dell'Einaudi ci possa un giorno scoprire!!!!).

Ciao Solimano,
e buon anno
(post da meditare nella prassi, senza dubbio)

Solimano ha detto...

Màz, condivido del tutto la tua osservazione sul narcisismo doloroso. Aggiungo che ho avuto l'impressione che certi indù sffrano poco di questo male, proprio per via del tat twam asi interiorizzato.
Sulla scrittura e sul calcolo, sono d'accordo un po' meno. Nel senso che, prima o dopo pensi alla pubblicazione o all'Einaudi, ma se sei veramente convinto, mentre scrivi o calcoli, pensi esclusivamente a scrivere e a calcolare. Sarebbe una tragedia altrimenti, e scriveresti o calcoleresti peggio. Sapersi naturalmente concentrare su quello che si sta facendo è la strada, sennò, che piacere sarebbe?

saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

Leggendo questo post ho riconosciuto delle note di psicologia apprese (non interiorizzate, che è un'altro paio di maniche) in terapia.
Si fa del bene agli altri ( o cosi' si crede, bisognerebbe infatti assicurarsi presso di loro della correttezza della nostra interpretazione di bene) di nascosto per rafforzare il nostro ego, niente di male in questo, anzi. Ma è bello anche dire agli altri quello che facciamo per loro per mostrare loro che li amiamo e che meritano di ricevere il nostro regalo "ufficialmente".

un saluto quasi vacanziero, quasi sardo

Solimano ha detto...

Eh, Sabrina, sei giustamente un po' maliziosa, in queste cose è meglio esserlo, sennò si rischia la solita scorciatoia autoassolutoria. Alberico, il maestro di yoga, aveva dei grossi problemi col suo Ego, protuberante perché probabilmente insicuro, ma, per dirla alla Catalano, l'Ego è meglio avercelo che non avercelo.
Ma siccome vai in vacanza, mi permetto un consiglio. Lascia a casa il Signor Ego per qualche giorno, e portati appresso il Signor Es, che è più godurioso e se la tira di meno. Sì, proprio l'Es di cui scrive Groddeck che non sarà il più profondo, ma certamente è il più simpatico fra gli scrittori di psicanalisi. Personalmente, il mio Es cerco di accudirmelo e l'ho battezzato col nome di un personaggio di Calvino: Gurdulù, che è l'esatto contrario del Cavaliere Inesistente, che ha tanti pregi salvo un difetto: non esiste. Mentre Gurdulù esiste eccome, solo che è talmente preso da quello che fa nel momento in cui lo fa da non rendersi conto che esiste, è e basta.

grazie Sabrina, e buona Sardegna
Solimano

Anonimo ha detto...

Sai Solimano, questo tuo post mi ha fatto balenare in un lampo la convinzione che sono stato in analisi inutilmente per 5 anni.
Non so se esserti grato (ah ah ah) o detestarti :-)

Solimano ha detto...

Amfortas, chi è in grado di dire ogni tanto ah! cuor contento ha.
Riguardo ai tuoi cinque anni di terapia, non so, non posso né voglio giudicare, ma quei cinque anni non li hai spesi certo inutilmente: guardali dal punto di vista dello psicanalista, gli sei stato certamente utile.
Tornando serio, solo una cosa è intollerabile: il freudismo ortodosso (a partire dallo stesso Freud)che se la tira come scientifico. Non è così, la psicanalisi è solo una delle tante griglie di interpretazione, può essere in certi casi anche utile, come no. In questo, è meglio della omeopatia o della cura Di Bella...
Personalmente, preferisco due griglie più semplici e più efficaci: l'analisi transazionale (con gli spassosissimi giochi nevrotici) e soprattutto la terapia a breve di Palo Alto, che ha messo in crisi la psicanalisi proprio in America per un motivo concretissimo: dura poco e quindi costa poco. Ma non è certo un bigino, il discorso di vedere il nostro cervello come una scatola nera è serissimo: guardiamo l'input e l'output conseguente, freghiamocene del resto. Ma soprattutto la prospettiva relazionale, non intrapscichica, che è il limite gravissimo del freudismo. Ci si aggiunge che il loro divulgatore Watzlawick è divertentissimo: con le sue "Istruzioni per rendersi infelici" c'è da tenersi la pancia in mano. Tutta roba serissima, però: il famoso film "Chi ha paura di Virginia Woolf" tratto dalla commedia di Albee si basa tutto sulle scoperte di Palo Alto. Da noi lo usavano nei corsi manageriali e ci consegnavano il libro: "La pragmatica della comunicazione umana", chi non lo conosce si è perso qualcosa di importante. Un libro impegnativo e anche facile, alla fine.

saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

Solimano, in realtà quegli anni sono stati utilissimi e sono stato un po' generico nella definizione di analisi: si trattava di psicosintesi, esaurita in due cicli, il primo di due anni, poi merenda e ricreazione per un anno, e alla fine altri tre.
Ho imparato molte cose su me stesso che ignoravo totalmente ma, soprattutto e di questo sarò grato per sempre alla mia "analista", ora sono in grado di ferire mortalmente chi voglio.
Hai seguito il serial TV "I Soprano"?
Ecco, in quel telefilm il boss va in analisi classica freudiana, e ad un certo punto la medicessa (Lorraine Bracco, che tu conosci certamente) si chiede se sia giusto fornire a uno che è già cattivo di suo altri strumenti per fare del male.
Credo sia una domanda che si è posta anche la mia strizzacervelli.
Però le devo molto di più di quanto sia disposto ad ammettere.
Ciaoi :-)

Solimano ha detto...

Amfortas, buona, la psicosintesi, tutt'altro che male, anche divertente (la categoria del divertimento è importantissima).
E' verissimo quello che dici: si è messi in grado di ferire mortalmente chi vogliamo. Non hai aggiunto una cosa che sicuramente condividi: proprio perché siamo in grado, sappiamo come si fa, non lo facciamo se non in casi del tutto eccezionali. Però il poterlo fare dà tranquillità e toglie una serie di paure sciocche.

saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

Sì hai ragione, si acquista una certa sicurezza.
Peccato che io sia iracondo ed ogni tanto mi scappa un colpo nei confronti di chi non se lo merita.
Però sparo ad altezza di bestia soprattutto a me stesso...

Anonimo ha detto...

Solimano, tra l'altro, spero che Alberico sia un nome inventato, perché altrimenti come maestro di Yoga non mi riesce di trovare un nome meno appropriato :-)

Habanera ha detto...

Con Alberico non andavi d'accordo perchè avrebbe voluto sottometterti psicologicamente (in fondo era pagato per questo) ed è una cosa che, giustamente, non accetti.
Ecco perchè non andavi in trance.
Non ci andavo neanch'io quando, per breve tempo, ho seguito dei corsi di yoga.
Fanno bene questi corsi, come no, ed insegnano delle cose a cui forse non arriveremmo mai.
Io ho imparato, ad esempio, cosa fare nei momenti di stress, e funziona.
Ma, come tutte le cose, vanno presi per quello che sono, senza eccessivi fanatismi.
Abbandonarsi totalmente nelle mani di qualcuno, aspettandosi che risolva i nostri problemi esistenziali, è estremamente pericoloso.
O ce la facciamo da soli, con le nostre risorse interiori, oppure corriamo il rischio di affogare.
Se non impari a nuotare nessuno potrà farlo per te. Al massimo ti getteranno un salvagente a cui abbarbicarti disperatamente.
Ma stare attaccati ad un salvagente non è come nuotare (liberi e sicuri) anche quando il mare è in tempesta.
Credo sia questa consapevolezza ed accettazione di sè a distinguere i deboli dai forti.
L'importante è che questa forza interiore, faticosamente conquistata, non diventi mai forza bruta ed ottusa.
Imparare a conoscere (e rispettare) se stessi deve andare di pari passo con l'imparare a conoscere (e rispettare) anche gli altri.
H.

mazapegul ha detto...

Solimano: la condizione "yoga" è proprio quella, saper essere totalmente dentro ciò che si fa, e pronti ad esserne completamente fuori subito dopo. Credo che sia questo il punto dei mandala.

Solimano ha detto...

Habanera, finalmente qualcuno che parla positivamente della forza!
Ci ho provato diverse volte in rete, ma mi sono sempre trovato sommerso da laudatori (e laudatrici) della debolezza, dell'umiltà, della sfiga, della tristezza, della malinconia, del silenzio, dell'appartarsi, dell'umbratilità, della cedevolezza, delle lacrimucce, della sospirosità, del soffri e sii grande, del piccino è bello, del gné-gné, del contessa che è mai la vita, della favola breve che però è già finita, degli amori che se non si soffre non si è contenti, del tumbrl o come si chiama, che io ci metterei le osterie in desso tumbrl o come si chiama, della omeopatia, del tè delle cinque, dei librettini in Anobii, del mi ha scelto come amico Samantha ho scelto come amica Filippa, dei calpestati dalla vita, dei calpestati da loro stessi, del la morte s'avvicina e la nascita si allontana, del blog non è bello se non è visitarello...

La forza!!! Piace a tutti, ma nessuno lo dice, proprio come l'Araba Fenice.

Habanera grazie!
Solimano
P.S. saludos y besos