domenica 14 dicembre 2008

Preferivo quando ero in Perù...

Giulia

Un gruppo di miei allievi discutevano fra loro. Un ragazzo peruviano da un anno in Italia dice agli altri: “Quasi quasi preferivo quando ero in Perù ed ero più povero”. “Perché?” gli chiedono gli altri:
“Se dovevo trovarmi con gli amici scendevo in strada e giocavamo a pallone o a cosa volevamo… Se poi dovevo andare a trovare un amico, suonavo alla porta e lui mi apriva casa sua e potevo stare tutto il giorno senza problemi.
Ora tutto è terribilmente complicato: per giocare devo entrare in una squadra, per andare a trovare un amico devo fare mille telefonate prima e prendere l’appuntamento. Sono tutti sempre pieni di impegni…Sembrano dei manager già da piccoli...”.
Gli altri si sono guardati fra di loro e poi uno di loro ha detto: “Hai proprio ragione, sai cosa sembra a noi: di essere sempre in corsa…Ci portano di qua e di là... ma anche noi preferiremmo giocare come dici tu”
Concordo con quello che diceva Giuliano in un suo post precedente: non è questione di rimpiangere i tempi antichi, ma di saper riconoscere cosa è buono da cosa non lo è, e i ragazzi lo sanno benissimo...

7 commenti:

Roby ha detto...

D'accordissimo, Giulia!!!! Tutta la mia solidarietà al ragazzo peruviano!!!! E tutto il mio compatimento ai piccoli managers già prigionieri di orari e appuntamenti fissi...

Roby

Anonimo ha detto...

Mamma mia, e se ne accorgono già adesso e non hanno gli strumenti per opporsi a questa schifezza di vita. Ma come cresceranno? Tutta la mia solidarietà. Bisogna ripristinare i cortili sia per i piccoli che per i grandi. Il nostro cortile per noi adesso è questo. Un cortile enorme, affascinante che prende tutto il mondo ma nel quale non conosci la voce di nessuno.

Anonimo ha detto...

E' propio così Roby, molti ragazzi si sentono "prigionieri", vorrebbero essere più liberi di giocare insieme, di stare insieme, ma la paura, la mancanza di spazi lo rende impossbile e anche, spesso, il desiderio dei genitori che oltre la scuola vogliono che imparino a suonare, a danzare, e chi più ne ha ne metta...
Silvia, i cortili davvero sono diventati luoghi senza vita. Io da piccola ero sempre in cortile, era la mia seconda casa.
Baci, Giulia

mazapegul ha detto...

Il cortile e' di per se' un'evoluzione della strada, diventata inaccessibile per via del traffico. L'evoluzione successiva e' il giardinetto della villetta, da vivere in solitudine, di qui l'esigenza di organizzare il tempo dei figli.
Ascolto spesso discussioni bizzarre tra mamme, da cui si capisce che queste non solo selezionano le amicizie dei figli, ma che sanno tutto (o meglio: credono di sapere tutto) degli amichetti dei loro figli.
Un'invasione di campo a gamba tesa non molto dissimile da quella che i genitori di tanti paesi compiono quando arrangiano i matrimoni dei loro pargoletti.

Giuliano ha detto...

Non sono mai stato un bambino vivace, ma era bello dire alla mamma "vado giù", e sapere che lei era tranquilla.
Io mi perdevo nei prati, a cercare grilli e cavallette (le bambine facevano giochi noiosi, e quando c'era da correre io ero sempre il più lento, e quando c'era da nascondersi non è che mi venisse tanto bene).
Mi dispiace molto che i bambini di oggi non possano "scendere giù" a divertirsi.
A loro potresti far leggere "La mia famiglia e altri animali" di Gerald Durrell, storia gloriosa e divertentissima di un bambino e un cane in piena campagna. Però magari diventerebbero ancora più tristi...
(ne ho messo qui un brano all'inizio di Musica del Novecento parte seconda)

Anonimo ha detto...

mazapegul, mi sono sempre chiesta perchè tra le tante rivendicazioni che si sono fatte non c'è mai stata quella di lasciare in ogni quartiere almeno una piccola isola pedonale da attrezzare per i ragazzi e non solo e magari come avevo visto in Francia lasciare che un vigile o chi per esso sorvegliasse a distanza...
Giuliano, anch'io ho sempre assaporato la gioia di dire "posso andare giù?" e quando mi si dava il permesso mi buttavo letteralmente giù dalle scale... Davvero era un senso di libertà inappagabile.

annarita ha detto...

Putroppo è proprio così, simili a piccoli prigionieri i nostri ragazzi hanno la giornata con tutte le attività sincronizzate, dalla scuola al calcio, dal catechismo alla piscina. Anche io ripenso con rimpianto al cortile delle mie vacanze, la nonna abitava in un paese e io venivo dalla città, dove raramente la mamma mi lasciava uscire con la mia migliore amica. Ah, l'ebbrezza di poter dire scendo giù anche dopo cena, alla luce dei lampioni, sulle scomode seggiole di plastica intrecciata che di giorno servivano ai condomini e la sera diventavano il nostro regno...