giovedì 20 novembre 2008

Nouvelle cuisine e fame boia

Roby

Avete presente quando, magari dopo un' intensa giornata di lavoro -fuori o dentro casa- con notevole dispendio di energie psicofisiche, non vedete l'ora di sedervi a tavola, pregustando già l'effetto che il cibo eserciterà sulle vostre papille gustative? Una bella spaghettata alla carbonara (magari in compagnia), un succulento piattone di melanzane alla parmigiana, una porzione doppia di lasagne al pesto, una smisurata scodella di ribollita non bollente...

E invece vi sedete, sollevate il coperchio che copre la portata e vi appare... il niente!!!

Nove chicchi di riso allo zafferano sormontati da un ciuffetto di prezzemolo, con quattro gocce di aceto aromatico a fare da corona. Alla loro destra, una minuscola patata novella, lessata in brodo vegetale senza olio nè burro, ma arricchita da una sottile foglia d'oro zecchino infilata di taglio. Come guarnizione, infine, cacao amaro spolverato lungo tutto il bordo del piatto (ovviamente in porcellana cinese opalescente, quadrato e leggermente convesso alle estremità).

Allora capite di trovarvi in un ristorante che applica la pratica -per me incomprensibile- della nouvelle cuisine, espressione d'oltralpe che suona carezzevole all'orecchio, ma spaventevole allo stomaco: a meno che non siate in convalescenza da una grave forma influenzale con complicazioni gastro-intestinali, nel qual caso sarà il vostro stesso medico a prescrivervi tale menu.

A parte questo, la cucina, io, la preferisco vecchia, vecchissima... addirittura faraonica.


5 commenti:

Barbara Cerquetti ha detto...

Ma almeno la foglia d'oro zecchino.... "se po' magnà"? (trad. si può mangiare?)

Giuliano ha detto...

Barbara, sembra proprio di sì: pare che si possa mettere anche sul risotto, al posto dello zafferano. E non costa neanche molto, perché l'oro si tira in foglie sottilissime (come ben sai, da libraia).
Dicono che fa bene alla salute, ma io dell'oro (visto che un po' di chimica l'ho pur studiata) so che è incorruttibile, non è veleno e "passa". Il dubbio è quello lì, che "passi" e basta. Bello da vedere, e finita lì.
(se vuoi sapere che sapore ha l'oro, penso che avrai in giro un anello o una catenina...)

Cara Roby, vado subito a leggere Rabelais.

Solimano ha detto...

Eh, Roby, la storia della nouvelle cuisine è quella della volgarità che si mette in punta di piedi, e faccio un esempio letterario in cui Giovanni Verga ironizza mirabilmente su tale tipo di sordidezza. Nel Mastro Don Gesualdo il baronello Ninì Rubiera così scrive alla Signora Aglae:

"Se agglomerate cerimonie tema non forman delle mie verghe non ne traligna l'ossequio. Sì che sorgenti men fallaci e più stabili le sole preci ne reputo. Il favor di un vostro sguardo è quel che anelo, e lo ambisco mercé delle melenzose mie riga.

L'ore 7 del 17.

" Barone Antonino Rubiera."

Racconto come ho visto fare due miei amici in casi siffatti.

P. è uno che i soldi, da generazioni, gli escono dal naso e dalle orecchie, però ha il vizio di leggere, di ascoltare musica e di girare il Perigord e la Sologne a tappe di dieci chilometri al giorno. C'era un negozio vicino a casa mia che se la tirava moltissimo, perché dietro a 'sta menata della nouvelle cuisine c'è (o meglio c'era) tutta una organizazione di gastronomie, vinattieri, oliatori. Entriamo incuriositi, e il proprietario ci mostra una bottiglia d'olio come fossimo alla processione del Corpus Domini, e dice il prezzo. E P. gli fa: "Troppo caro per me!" guardandolo fisso e sorridente negli occhi.

S. è un altro mio amico che vuol fare solo robe col vento in faccia, tipo moto Guzzi e barchetta a vela. Per cena di lavoro dovette andare qui a Milano al ristorante del Profeta della nouvelle cuisine, che poi ha aperto anche a Torcello. Si vede arrivare il piatto così ben descritto da te, tale e quale, e allora non ce la fa più. Chiama il cameriere e gli dice: "Senta, che facciamo? Io ho fame. Potrei anche ordinare sette volte lo stesso piatto, sono in nota spese, ma mi sembra brutto sottrarre sette piatti così fini per le mie esigenze di tipo puramente alimentari". "Le porto il menù" "No, io non mangio il menu, io ho fame".

I miei due amici, così diversi, hanno una cosa in comune: amano i tortelli d'erbetta e il gnocco fritto, li ho visti in azione nelle campagne parmensi. Hai presente i quattro palmenti? Ecco.

saludos y besos
Solimano
P.S. Naturalmente, i miei due amici sono ingegneri... i letterati non oserebbero fare scene simili.

Roby ha detto...

Giuliano, mi fido della tua esperienza di chimico: io l'oro preferisco tenerlo al collo o al dito, non saperlo "di passaggio" nei miei più riposti recessi!

Che dici, Barbara? Ce li facciamo due spaghi aglio olio e peperoncino???

Solimano, i/le letterati/e a volte sono imprevedibili... Grand Hotel delle Terme di Montegrotto (PD), agosto 2003: a cena, un cameriere impeccabile mi presenta il piatto con micro-timballo di riso che ho descritto nel post (oro a parte). Delusa della sua pochezza, lo inghiotto in un sol boccone. Poco dopo, lo stesso cameriere si avvicina, premuroso.
"Signora, tutto bene?"
"Sì, ma... veramente..."
"Dica, signora: qualcosa non andava?"
"No no... è che..."
"Il timballo non era di suo gusto?"
"Sì... però... insomma, senta: ERA TROPPO PICCOLO! NE AVREI MANGIATI ALTRI TRE!"
Tempo un minuto, e avevo davanti le tre desiderate porzioni.
"Sa" mi confidava intanto il cameriere " a me piace come cucina mia moglie, a casa; sentisse che lasagne!"

Baciotti

Roby

Barbara Cerquetti ha detto...

Cara Roby, accetto la spaghettata, mi risparmio la popò dorata e chiudo con la battuta che fece mio padre quando capitò per sbaglio in uno di questi posti:

-Cacciali chè cotti!

(trad. Toglili pure dal fuoco, che sono pronti)