giovedì 30 ottobre 2008

Favola moderna

sabrinamanca

Una domenica, nel mercato del quartiere fece la sua apparizione un vero contadino, un buon uomo che coltivava le proprie verdure e poi le vendeva. Inutile chiedergli degli avocadi o dei manghi, sul suo bancone c’erano solo prodotti di stagione e siccome l’autunno avanzava ecco apparire, zucche, barbabietole, patate, cavolfiori, porri, fagioli.

I cittadini erano deliziati di poter comprare dei prodotti sani, ancora sporchi di terra, non lucidati chimicamente, dagli odori e sapori forti tipici dei prodotti genuini, e si affollarono davanti ai banchi del contadino. Dopo qualche settimana la notizia si era diffusa e la fila era divenuta chilometrica mentre gli altri banchi restavano semideserti.
I cittadini cominciarono però a sbuffare, parlottare, e infine lamentarsi di dover attendere troppo rimproverando all’uomo di non assumere un aiutante in più, e ancora di dover lavare le verdure in casa e degli odori che appestavano il frigorifero. Ma l’uomo, che già veniva accompagnato dalla figlia e un cugino, spiegò di non poter assumere nessuno.
- E poi, chi vi obbliga a venire qui? Ci sono tanti altri banchi al mercato, e indicò vagamente con il braccio lo spazio attorno a sé. Alcune persone andarono via scuotendo la testa.
Qualche tempo dopo davanti al suo banco l’atmosfera era divenuta insopportabile, gente che spingeva, che guardava l’orologio sbraitando, che litigava furiosamente. L’entusiasmo aveva fatto spazio al rancore, la letizia all’antipatia.
Due mesi dopo il suo arrivo, una petizione popolare costrinse il comune del quartiere a negare al contadino il permesso di vendere i suoi prodotti in quel mercato. La motivazione: turbativa dell’ordine pubblico.
Il contadino borbottò qualcosa fra i denti e quasi sollevato, se ne tornò in provincia.
I cittadini tornarono sereni a comprare dai soliti banchi verdure e frutti brillanti e dai colori accesi, tanto belli quanto insipidi.
E tutti vissero come avevano sempre fatto.

5 commenti:

Solimano ha detto...

Benvenuta Sabrina. La tua favola apparentemente è facile, ma è di una ambiguità certamente voluta. E' quello che succede con i ristoranti, a Milano, a Parigi, in campagna. Nascono, il prezzo è buono, la cuoca (meglio il cuoco) è ottima, i piatti semplici e aristocratici (senza accorgersene, come il linguaggio dei contadini nella Recherche). C'è il passaparola e dopo un po' occorre prenotare. A quel punto che fai? Raddoppi o quadruplichi il locale, qualcuno scopre che small is beautiful in a large scale, come diceva giustamente Normann e ne sorgono altri, con la stessa business idea e lo stesso menù.
Ma c'è un'altra strada, quella di Cantarelli a Samboseto. Il posto restò lo stesso, la cuoca era sempre la moglie Mirella, ma quando per andarci occorreva prenotare più di una settimana prima e ai tavoli erano più i milanesi che i parmigiani, Cantarelli disse (a se stesso) basta! e chiuse. Dopo ne sono sorti altri, molto buoni.

grazie Sabrina e saludos
Solimano

Barbara Cerquetti ha detto...

Bella questa storia, e ahimè realistica.

annarita ha detto...

Turbativa dell'ordine pubblico. Che tristezza! Ricordo che quando ero piccola al mercato ci venivano soprattutto i piccoli produttori. Che festa di colori e di profumi, proprio come l'hai descritta tu. Un caro saluto.

Roby ha detto...

La conclusione è terribile nella sua contrapposizione al canonico "...felici e contenti".
Mi hai fatto pensare. A prima vista sembra "soltanto" una storia lineare con una sua morale ben precisa. E poi invece si colgono qua e là particolari prima sfuggiti. I prodotti di stagione... cavolfiori e porri -di cui sembra quasi di sentir l'odore, per me nient'affatto sgradevole- il parlottare della gente... la figlia e il cugino... le verdure da lavare in casa... la petizione popolare... la letizia che lascia il posto all'antipatia... e infine, ahimè, il buon uomo che torna in provincia quasi sollevato. Mentre noi, leggendo, piombiamo nella più cupa amarezza.

'Notte, sabrina. Un baciottone

Roby

Anonimo ha detto...

Infatti sembra una novella leggera leggera un po' amara invece è di una tragicità spaventosa. Non sappiamo più sopportare il minimo sacrificio, vogliamo tutto e subito, non siamo tolleranti col prossimo, il mercato costringe a regole determinate altrimenti si soccombe, siamo diventati ignoranti e superficiali. Una favola triste, molto triste. Forse l'unico a farla franca è il contandino coi suoi porri. A noi rimangono la plastica e la tv.