giovedì 19 giugno 2008

SAPORI


Per quanto riguarda l’alimentazione, da piccola sono stata la disperazione dei miei genitori. I cibi di cui mi nutrivo, da me accuratamente selezionati fin dalla più tenera età, si riducevano essenzialmente a:
  • pastasciutta al burro o al pomodoro (banditi ragù, amatriciana, pesto, vongole e “robaccia” simile);
  • riso in bianco (zafferano? Funghi?? Dico, ma…vogliamo scherzare???);
  • tonno al naturale;
  • formaggio, rigorosamente limitato a Bel Paese o mozzarella (che SCHIFO il parmigiano!);
  • patate lesse, fritte o arrosto (appena tollerate quelle col prezzemolo);
  • affettati tipo mortadella, salame e prosciutto (consumati solo dopo un’attenta operazione semi-chirurgica di eliminazione di ogni traccia di grasso: e quando dico “ogni traccia” intendo che, al termine della dissezione, la mortadella sembrava una sottile fetta di groviera rosa…);
  • polpettone (SOLO SE uscito direttamente dalla cucina di mia madre!!!);
  • minestra in brodo (non parlatemi di minestrone, con tutti quei pezzi di verdura galleggianti “non identificati”!);
  • mele (in mancanza delle quali la mamma tentava di spacciarmi pere tagliate a spicchi, che riconoscevo subito dall’odore, rifiutandole sdegnosamente);
  • gelato di crema e cioccolato (dolce estivo);
  • panettone (dolce invernale).

Il mio senso del gusto –a parte l’avversione per la carne rossa, scritta a caratteri cubitali nel mio DNA- è rimasto pressochè atrofizzato fino alla tarda adolescenza.
Solo a partire dai 18 anni o giù di lì ho accettato di “rischiare”, provando sapori fino ad allora considerati quasi sacrileghi. Da quel momento, però, nessuno mi ha più fermato, con grave pregiudizio della mia silhouette. Lasagne alla bolognese, torta pasqualina, risotto allo scoglio, orecchiette alle cime di rapa, penne al salmone, crema di asparagi, pomodori ripieni, timballo di maccheroni, fragole alla panna, spaghetti alla Norma, impepata di cozze, parmigiana di melanzane, insalata russa, cipolline in agrodolce, carciofi alla giudìa, crostini di fegatini alla toscana… Potrei continuare. Ma sapete, mi è venuto un certo languorino, forse un po’ di appetito pomeridiano dopo il panino della pausa-pranzo in ufficio. Magari apro un pacchetto di crackers, di là in cucina. Oppure vado a sgranocchiare una di quelle barrette di cereali integrali e cacao magro, fatte apposta per saziare senza appesantire (lo dice anche la pubblicità). Va bene: intanto che ci rifletto su, mi preparo due belle fette di pane casalingo accuratamente spalmate di burro e marmellata, poi dò un’occhiata nel freezer per vedere se è avanzato un rimasuglio di affogato al caffè con granella di nocciole, ed infine svuoto degli ultimi dieci o dodici “baiocchi” rimasti il barattolo di vetro dei biscotti: così poi lo lavo, lo asciugo e (per fare un po’ di sano movimento) lo rimetto a posto lassù, in alto, sull’ultimo scaffale della credenza.

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